editoriale

Il Mancio alza il tiro: le nuove ambizioni dell’Inter…

In Italia ci si chiede spesso come mai il calcio sia sempre meno competitivo rispetto agli altri campionati europei. A volte le risposte sono fin troppo semplici. Guardiamo il Cagliari, per esempio. A inizio stagione chiama il grande Zdenek Zeman...

Sabine Bertagna

In Italia ci si chiede spesso come mai il calcio sia sempre meno competitivo rispetto agli altri campionati europei. A volte le risposte sono fin troppo semplici. Guardiamo il Cagliari, per esempio. A inizio stagione chiama il grande Zdenek Zeman a gestire la sua panchina. Pagine e pagine sui giornali locali che esaltano il suo lavoro, i gradoni su e giù in allenamento, un calcio che è una filosofia. Ma il Maestro viene esonerato in corsa e al suo posto si decide di puntare su un altro allenatore con la Z, anche lui un mito. Gianfranco Zola. Progetto approvato? Macché. Ieri sera a Cagliari è stato richiamato il boemo. E non stiamo parlando di allenatori alle prime armi. Presi e mandati via da un giorno all'altro. Scartati senza rimorsi apparenti. Che cosa abbiamo che non va qui in Italia?

Di certo non siamo inglesi e di sicuro ancora fatichiamo a riconoscere il Mancio da quando è tornato sulla panchina nerazzurra. Lui il meglio del calcio inglese l'ha perfettamente interiorizzato. Disperarsi per una sconfitta è inutile se non stai già pensando a come vincere la partita successiva. Forse solo il gol di Higuain, che ha sancito l'eliminazione dell'Inter dalla Coppa Italia, è riuscito (finora) a gettare il Mancio in un momentaneo sconforto. Nemmeno la pallonata di Andreolli ha scosso la sua eleganza. Il ciuffo, in quell'occasione, ha vissuto solo un breve attimo di scompiglio. Presto archiviato. Fin dalla conferenza di (ri)presentazione il Mancio è sembrato un allenatore cambiato. Più zen. Più maturo. Perfettamente consapevole.

Il Mancio è un toccasana per i cuori nerazzurri. Sta disegnando con convinzione il perimetro di una speranza. Si lavora, si sbaglia ancora molto e a tradimento ma alla fine di ogni partita si intravede qualcosa che ci spinge verso la successiva. Non una rassegnata indolenza ma la speranza (esattamente lei) di ritornare ad essere una squadra. Il gioco che l'Inter ha cercato di mettere in campo contro il Napoli, non accettando l'iniziale risultato del 2 a 0 per i partenopei, ne è una prova. Poter pensare di ribaltare la partita era fino a qualche mese fa un'utopia. I problemi ci sono: a partire da una difesa allegra, che si complica spesso la vita. Però incominciano ad esserci anche i punti fermi. Maurito Icardi, per esempio. Il Mancio non nasconde la soddisfazione per i suoi miglioramenti. Contro il Napoli lo abbiamo visto tornare fino a centrocampo. E poi fare quello che pochi giocatori avrebbero avuto il coraggio di osare. Scucchiaiare il San Paolo dopo essere stato disturbato da un laser. Il Mancio non ha guardato quando Icardi si è sistemato la palla sul dischetto. Nemmeno noi lo abbiamo fatto. Ma Maurito se ne frega di tutto e di tutti. Lui scende in campo per segnare. La pressione, i fischi, il gossip: tutte queste cose, semplicemente, non lo toccano. Ecco, la nuova Inter può ricominciare da qui. Dalla sfrontatezza di un centravanti e dalla calma british di un allenatore che in studio a Gazzetta Tv non si nasconde. Scrivetelo, dice. Che questo campionato è finito ma che dal prossimo la musica cambia. Ci saremo anche noi. A dire la nostra. Un po' sfrontati, un po' british.

Twitter @SBertagna