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Ce lo dicono da così tanti anni, che il nostro inconscio a lungo andare ha assimilato l'informazione e la riproduce sotto le forme più svariate e inaspettate. Gli errori arbitrali si compensano, la malafede non esiste, siamo dei complottisti. Ma l'evoluzione più articolata del bombardamento mediatico di questi anni, volto a difendere istituzioni e credibilità del calcio italiano, si presenta sotto forma di una puntuale presa di coscienza delle proprie debolezze sul campo. Dovevamo essere più forti. Abbiamo sbagliato i cambi. I giocatori non sono stati all'altezza. Tutti elementi che entrano nell'analisi della partita, ma che non possono esulare da un concetto chiave: nessuno dovrebbe essere più forte dei torti arbitrali perché tutte le squadre hanno diritto all'applicazione del regolamento in maniera equa. E comunque anche quando lo eravamo (più forti di tutti e tutto, e non era certo un modo di dire) avevamo dovuto combattere così duramente da rendere quel tripudio di risultati raccolti nell'era Mourinho un miracolo irripetibile.
Il tema degli arbitri è un tema spinoso, delicato, pericoloso. Le sensazioni (che purtroppo non mentono) sono quelle di un tempo. Sensazioni mai sopite, sensazioni sgradevoli. Sono le sensazioni di sdegno di ex giocatori nerazzurri, di una parte di giornalisti (i più fermi nelle condanne sono quelli più isolati), dei tifosi sconsolati. Sono sensazioni di rabbia antica, di rassegnazione. E se è giusto non gridare continuamente al complotto senza avere in mano delle prove precise qualcuno prima o poi ci dovrà spiegare perché questo tipo di episodi finiscano per favorire sempre e solo una squadra a discapito delle solite. Perché?
Nel tema degli arbitri rientrano un paio di considerazioni. Considerazioni che la partita tra Inter e Juventus di sabato sera non fa che confermare. Purtroppo Calciopoli è una ferita che continua a sanguinare (un po' come quella di Mandzukic) e questo è così non perché si stia attendendo ancora una sentenza che chiuda l'ultimo vergognoso atto della storia recente del nostro calcio, ma semplicemente perché questa sentenza non è mai stata pienamente accettata. Nè assorbita. Lo dicono gli scudetti fasulli dei quali si forgia la Juventus in barba all'albo ufficiale di una Figc che le permette di farlo (e a indignarsi solo giornali e giornalisti all'estero, come la Bild recentemente). Lo dicono tutte le mistificazioni perpetrate negli anni nella speranza di cancellare la memoria e di ribaltare i ruoli invertendo le vittime con i carnefici. Aggiungo una banalissima riflessione che mi pongo da anni. Se fossi un arbitro sopravvissuto a Calciopoli verso chi potrei eventualmente nutrire del risentimento? Verso coloro che mai hanno dubitato del mio operato o verso coloro che in qualche modo hanno accompagnato la lotta agli errori della mia categoria?
Di arbitraggi come quello di Orsato in Inter-Juventus disturba una cosa in particolare. Non che l'arbitro possa avere una sua fede o simpatia calcistica (cosa che peraltro non possiamo sapere), ma quel maledetto vagliare gli episodi con due metri di giudizio così diversi. Farlo con determinazione, con finta noncuranza, fieri di essere nel giusto. Rifuggire le critiche, rischiare di convalidare un gol ancora più folle della già folle mancata espulsione di Pjanic. Forse sapendo che nulla sarebbe successo se non un temporale mediatico destinato ad esaurirsi come l'inchiostro di vecchi giornali impilati in soffitta? E' grave. Molto grave. Arbitraggi di questo tipo segnano una partita, la indirizzano, danno dei segnali precisi. Rendono inutili le critiche tattiche e calcistiche. Gonfiano le conseguenze in maniera irreparabile. Perché fare l'arbitro significa dare messaggi. Far capire dove si trova il limite da non superare, farlo capire con chiarezza e con equità. A tutte e due le squadre e nello stesso modo. E' chiedere troppo?
Il Napoli ha affrontato la Fiorentina con un pensiero difficile da cancellare. La corsa scudetto aveva avuto una netta e brusca frenata senza nemmeno scendere in campo. L'Inter era quasi riuscita a vincere nonostante l'inferiorità numerica, il resto è cronaca. Difficile pensare che il risultato di San Siro non abbia subdolamente lavorato ai pensieri delle menti dei giocatori napoletani. Bisognerebbe essere più forti anche di questo. Bisognerebbe. Certo, giocare in un campionato in cui gli errori si perdono e si compensano, come affermano da anni taluni, aiuterebbe. Avere la certezza di una giustizia che da qualche parte, prima o poi, si palesa in maniera concreta sarebbe di conforto. Moratti ha parlato della partita di sabato sera citando situazione strane, come probabilmente mille altre viste nella sua gestione da presidente. Questo campionato aveva salutato con entusiasmo la novità del Var. E' sufficiente pensare a chi l'aveva osteggiato in tutti i modi all'inizio della stagione per avere una visione completa della situazione. E' sufficiente notare come sia facile puntare il dito contro gli arbitri in competizioni europee, chiamando in causa se necessario potenze occulte, e come sia impossibile farlo quando si tratta di arbitri italiani. Intoccabili. Insensibili. Nonostante un passato marchiato da Calciopoli. In Italia la malafede non esiste. Beati voi, che vivete nel paese dei balocchi.
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