editoriale

Il popolo delle motivazioni

Settembre verrà ribattezzato come il mese delle motivazioni. Quelle del processo per diffamazione nel quale Gianfelice Facchetti si è costituito parte civile contro Luciano Moggi e quelle del processo interminabile di Calciopoli, con la...

Sabine Bertagna

Settembre verrà ribattezzato come il mese delle motivazioni. Quelle del processo per diffamazione nel quale Gianfelice Facchetti si è costituito parte civile contro Luciano Moggi e quelle del processo interminabile di Calciopoli, con la schiacciante conferma di quanto illecitamente operato da (ancora lui) Moggi. Le motivazioni delle due sentenze sono state depositate a distanza di una giornata. Due sentenze molto diverse fra loro, nonostante l'imputato fosse la stessa persona. La Cassazione ha scelto parole molto dure per confermare la condanna di Luciano Moggi: parole difficili da aggirare anche dal popolo delle motivazioni. Quello capace di estrapolare da 150 pagine l'unica virgola benevola ed assurgerla a verità inconfutabile. Difficile farlo oggi.

E se il quotidiano sportivo torinese non ha esitato a mettere in prima pagina un estratto delle motivazioni del processo Facchetti (alludendo ad una imprecisata lobbying) restano forti alcune perplessità in merito. A partire da un atteggiamento ondivago riscontrabile nelle stesse motivazioni, che alterna un fare puntiglioso ad una leggerezza preoccupante. Sembra forte il disappunto per la presentazione in ritardo della querela di Gianfelice Facchetti (dovuta al fatto che aveva visionato il programma nel quale Moggi parlava di suo padre su segnalazione e in un secondo momento rispetto alla programmazione). Non c'è disappunto alcuno invece per un'indagine aperta nei confronti dell'operato di Giacinto Facchetti in qualità di presidente dell'Inter, conclusasi con la relazione di Palazzi. Una relazione alla quale non è stato possibile replicare e che è arrivata 4 anni dopo la sua morte. Un ritardo di poco conto, insomma. A voler essere puntigliosi.

Proprio della famosa relazione di Palazzi vengono citati alcuni passi, anche se poi il giudice si affretta a sottolineare di non volersi addentrare nell'ambito (peraltro sconosciuto) della giustizia sportiva. E' un tira e molla che accenna e poi smussa, che insinua e poi alleggerisce. Che si basa su dati non corretti, come la frase "infelice" che avrebbe pronunciato Facchetti in una conversazione con Bergamo a proposito dello score di Bertini con l'Inter, invocando un 5-4-4 (lo score era di 4 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte) con il 5 che stava per le vittorie (auspicate). Quella frase viene pronunciata da Bergamo e non da Facchetti. Giusto per correttezza.

E i riferimenti a quanto pubblicato dalla stampa in merito alle "nuove" intercettazioni come a materiale importante non tiene conto che si trattò di una semplice mossa di Moggi per difendersi, brillantemente cavalcata dai media. Quelle telefonate rappresentano il momento in cui il processo Calciopoli è stato volutamente consegnato al destino della prescrizione. Telefonate non pertinenti e spesso trascritte in maniera scorretta: tutto questo ha bloccato il processo allungandone i tempi. Di certo non ha contribuito alla ricerca della verità. Purtroppo. Perché alla fine stiamo ancora aspettando la grande rivelazione. La madre di tutte le intercettazioni. 

Moggi (che il giudice ha assolto nel processo di diffamazione concedendogli il diritto di critica e parlando di azione allusiva) e i testimoni da lui portati nel processo Facchetti (De Santis, per esempio) sono stati descritti nelle motivazioni con parole durissime. Si parla di strapotere, esteso a tutti gli ambiti (dai giornalisti e media alla Figc passando per gli arbitri). Un sistema malato e colluso, "un sistema illecito di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di esse)". Moggi ha un ruolo da assoluto protagonista nelle vicende narrate. Un ruolo che ha portato vantaggi sia alla sua persona, sia alla squadra che ha servito per anni. La Juventus. In un pomeriggio di settembre sono state spazzate via le certezze di un intero popolo. Nessuna virgola benevola, nessuno spazio entro il quale rifugiarsi. La parola fine brilla soddisfatta. Toccherà accettarle, queste parole così dure e così definitive. Toccherà farsene una ragione. Chi con senso di giustizia, chi con rassegnazione. Fino alle prossime motivazioni. 

Twitter @SBertagna