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editoriale
Finisce in rovina il misero tentativo di rimonta dell'Inter. Troppo scarichi i nostri, sufficientemente organizzati loro. Quanto basta per violare un Meazza sgombro di condottieri, ma sazio di atleti indolenti e forse anche disamorati. Un sogno fragile nelle proprie fondamenta, quello dell'improbabile impresa, nonostante in passato l'Inter abbia saputo compierne. Erano altri tempi, altre squadre, altri uomini soprattutto.
Contro il Wolfsburg i nerazzurri riversano in campo tanta confusione e poco criterio, giocando l'ormai usuale gara a due fazioni: quella offensiva, che riesce a creare buone trame, e quella difensiva, che non cessa di sdegnare i tifosi. Squadra maldestramente guidata dal proprio tecnico, ossessionato dal futuro e dal desiderio di rivoluzione, ma poco concentrato sulle reali potenzialità di questo gruppo. Perché chiedere continuamente al Califfone di correre quanto una Ducati? Potrà si percorrere gli stessi km, ma a patto che non si spinga il motore oltre il limite dei giri consentiti, altrimenti il rischio di fondere è concreto. Non sorge mentalità laddóve non v'è traccia di sacrificio.
Inconcepibile anche la motivazione che spinge ad insistere in modo così appassionato su Juan Jesus. Le giocate e i ripiegamenti del brasiliano inoculano in ognuno di noi lo stesso senso di nausea accusato da una gestante. Vidic non può certamente scagliare pietre perché esente da peccati, ma tra i due c'è un Everest di differenza.
Non è tempo di esperimenti. In questa squadra è reale il bisogno di trovare sicurezza in ogni singolo elemento, perché presto il vortice potrebbe inghiottire anche le poche certezze usate come leva in passato. Sicurezza che va cercata nella semplicità, allontanando idee sconclusionate di calcio totale e non perché siano fallimentari, ma semplicemente perché inapplicabili in questo preciso momento storico e con tali risorse umane a disposizione. Di conseguenza ci si augura di non vedere mai più Hernanes e Kovacic dislocati in zone di campo a loro poco congeniali, né una coppia di centrali così poco assortita. L'Europa ci ha sbattuto la porta in faccia, ma il campionato potrebbe ancora offrirci la possibilità di forzarla, per entrare di prepotenza in un posto che all'Inter dovrebbe spettare di diritto visto storia e blasone. Servono cattiveria, organizzazione e senso di responsabilità: tre connotati che ieri sera latitavano.
Pasquale Guarro
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