editoriale

L’enclave Mazzarri: strumento per l’Inter o viceversa?

Lorenzo Roca

In bilico. La posizione di Walter Mazzarri sulla panchina dell’Inter è questa. Dopo la squallida prestazione nel derby, una buona fetta del tifo nerazzurro ha espresso forti rimostranze sul tecnico toscano. Il 24 maggio 2013 arrivò a Milano...

In bilico. La posizione di Walter Mazzarri sulla panchina dell’Inter è questa. Dopo la squallida prestazione nel derby, una buona fetta del tifo nerazzurro ha espresso forti rimostranze sul tecnico toscano.

Il 24 maggio 2013 arrivò a Milano senza particolari squilli di tromba, una figura non particolarmente adorata dal popolo nerazzurro, ma indubbiamente rispettato per la sua etica del lavoro e la sua dedizione da ferroviere sovietico.Ero convinto che in quel momento la scelta Mazzarri fosse la migliore possibile in una fase transitoria come quella che sta vivendo l’Inter. Un allenatore che cava il sangue dalle rape, locuzione ben poco dotta ma che rende l’idea per individuare un uomo che sfrutta al meglio le poche risorse che ha a disposizione. Gli ettari coltivati a nerazzurro infatti non sono granché feraci negli ultimi mesi.

Mazzarri ha voluto fortemente l’Inter, si diceva. L’Inter ha voluto Mazzarri, magari non con eguale ardore ma lo ha voluto.

A oggi i miei confusi pensieri calcistici non questionano sulle sue capacità, ma resto intirizzito davanti ad alcune cose, soprattutto sono sorpreso dall’atteggiamento del tecnico toscano mostrato finora. Non quello verso i giocatori, difficile da giudicare se non si vive di persona lo spogliatoio, ma quello verso il mondo esterno.

Mazzarri pare essere un allenatore con Ph vicino a quello di un detergente intimo antibatterico, neutro con tendenza all’acidità, uno dei più isolati dal contesto che negli ultimi tempi si sia seduto sulla panchina nerazzurra. È un discorso che evidentemente prescinde dalla fede calcistica, ma stupiscono alcuni discutibili atteggiamenti di Mazzarri. Quali? Mai nessun richiamo alla tradizione interista, nessuna dichiarazione di appartenenza a una società che ha scritto pagine storiche nel calcio a livello mondiale, alcun trasporto emotivo al di fuori di consuete sfuriate contro gli arbitri, mai nessun richiamo all’interismo, mai nessuna manifesta difesa dei colori. Insomma, Neutro. Una sorta di Sastavci applicata al calcio, una enclave in territorio nerazzurro in cui, nonostante sia lo Stato interista a finanziare, vigono prima le leggi per se stesso che regolano i suoi bioritmi che quelle vitali per la nazione che lo abbraccia e lo foraggia.

Ridondante l’assenza totale di prese di posizione in difesa dei giocatori e anzi talvolta sono risultate di dubbia opportunità le accuse circostanziate a elementi della rosa, rei di non aver eseguito gli ordini mazzarriani.

In sé nulla di grave, per carità. Ogni persona sceglie liberamente di agire secondo i dettami che hanno guidato la sua vita. Poi, in un mondo in cui Sinisa Mihajlovic cita Dante per caricare la Sampdoria, diventa addirittura un’altra disciplina, non è più calcio ma Vale tudo.Mazzarri però deve fare i conti col fatto che inevitabilmente, in un ambiente così carico di millibar e di appassionati adepti, la sua morfologia pubblica prende forma attraverso pensieri e parole da lui espressi.

Inoltre, ed è un dato di fatto incontrovertibile non suscettibile di astruse interpretazioni ontologiche, la stagione dell’Inter è addirittura peggiore di quella orribile dello scorso anno, i risultati colpiscono con forza sul muso e, a prescindere dalla spasmodica corsa per la qualificazione alla peraltro logorante Europa League (chiedere a Strama per info), la posizione dell’Inter in un campionato costituito da squadre intrise di mediocrità fa riflettere.

Preferisco lasciare a persone più competenti le inevitabili discussioni sulle mancanze tattiche del tecnico di San Vincenzo, che giocoforza ci sono. Ma l’impressione generale che ne ricavo oggi è che per Mazzarri l’Inter sia uno strumento attraverso cui mostrare le sue qualità, quando in teoria dovrebbe essere il contrario ossia l’allenatore strumento al servizio della squadra, colui che fa rendere al massimo le risorse che ha. Probabilmente Mazzarri non si aspettava di avere a che fare con una cosa più grande di lui e ne è rimasto via via spiazzato, smarrendo la fervida e sincera convinzione di inizio anno, tanto da sembrare ora un pugile suonato che va ciondolando per il ring ripetendo le stesse cose incontro dopo incontro. Ed è incapace di adattarsi all’ambiente che lo circonda. Come una Fender Stratocaster nell'Orchestra Filarmonica di Vienna. Ottimo strumento, ma forse non quello giusto per l’Inter.