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La libertà di pensiero è un valore preziosissimo, fondante in ogni democrazia che si rispetti. Guai a privarsene. Non solo perché ci permette di esprimere le nostre opinioni, di divulgarle, scriverle e da qualche tempo “postarle”. Tale valore è importante anche perché, in ambito mediatico, consente spesso di leggere o ascoltare cose dilettevoli o strambe. In questa categoria, ad esempio, potrebbe serenamente rientrare l’articolo apparso questa mattina tra le pieghe cartacee de Il Giornale, a firma Jacopo Granzotto, che si è preso la briga di trattare un vero e proprio unicum, l’originalissimo e inesplorato argomento dei troppi stranieri in Serie A. Mai sentito prima, mai trattato da nessuno. Che coraggio. Andiamo più a fondo quindi di questa incredibile novità tematica.
C'è da dire che il pezzo lascia presagire spiragli di oggettività nel sommario: «Fiorentina, Inter, Roma, Lazio e Napoli con soli 9 italiani in campo. E sono in vetta. Chi ne schiera tanti come Milan e Juve arranca».
Poi però, con riferimento alla Nazionale italiana, si legge: «Ci segna chiunque, vinciamo pochissimo e non alziamo più un trofeo da dieci anni. Povero Conte, vorrebbe vedere più italiani in campo e fare qualche stage, ma ormai a nessuno frega più nulla della nazionale e del bandierone sul balcone». La puntualizzazione è certamente condivisibile, sebbene sia una vexata quaestio. Si potrebbe magari tenere presente che, forse, qualche appassionato di calcio, con buona pace del Giornale, della Nazionale e dell'amor patrio se ne sbatte? In secondo luogo, penso che poco interessi ai suddetti calciofili se un calciatore sia nato a Brindisi, ad Anchorage o a Gotham City, giocare bene a calcio credo sia qualità sufficiente per ammirare chiunque. Ricordiamo che corre l'anno MMXV.
Proseguendo nella lettura: «E così i nostri restano in tribuna a sognare un giorno di (ri)diventare calciatori». Inciso, da una settimana in Italia si parla solo di Insigne, delle sue presunte affinità con Maradona, gusti di gelato e peli superflui. Sì, Lorenzo Insigne, quello nato a Hügelsheim. Ma continuando a leggere si piomba nel buco nero: «Noi qui ci gustiamo il legnoso Kondogbia, 30 milioncini di euro, che all’Inter sta confermando tutto il suo valore. In Francia e Spagna stanno ancora festeggiando la liberazione (al Monaco 49 presenze e due gol, al Siviglia 33 presenze e un solo gol!). Noi no, gli basta un colpo di tacco e come per incanto torna super-Kondo. Ci basta poco». 7 partite. Tante ne ha giocate Kondogbia in maglia nerazzurra in campionato. Evidentemente sono abbastanza per bollarlo come pippone galactico secondo il Giornale-pensiero. Perché non prendere l’auto aziendale e farsi un giro a Monte Carlo (eddai, è vicinissima) oppure optare per l’aereo e recarsi a Sevilla (con Ryanair i biglietti non costano nulla), al fine per raccogliere qualche parere dei tifosi che lo hanno avuto in squadra? Punto secondo, apprendiamo con rinnovato entusiasmo da Granzotto che la bravura di un giocatore si misura dai gol che fa. Quindi in base all'assioma, Bobby Moore, più di 700 partite in Premier League e appena 28 gol è un somaro fatto e finito. Franco Baresi, 531 partite e 16 gol più Paolo Maldini, 647 presenze e appena 29 gol. Non si spiega perché i cugini abbiano tenuto così a lungo questi due cialtroni… Leo Junior, più di 400 partite tra Flamengo, Toro e Pescara e meno di 40 golletti. Per non parlare di quella mezza tacca di Walter Zenga, 328 presenze all’Inter e nessun gol. Che vergogna!
Kondogbia è peraltro conosciuto in tutto il mondo e anche pare in altre galassie come noto goleador, un cannoniere di razza. Sembra che Gerd Müller vedendolo abbia esclamato: "Sì il mio erede è Kondogbia". Mancini del resto lo ha voluto proprio per quello, per sopperire alla terribile siccità offensiva dei nerazzurri. Nevvéro?
Quale quindi il motivo di tali bordate gratuite sul Geoffrey nerazzurro? È scontato e francamente avvilente. Lo si scopre continuando a leggere: «Eppure c’è ancora qualcuno che crede nel calciatore italiano, nell’altra metà del cielo, quella meno straniera del Milan e della Juventus che (per ora) arranca nelle retrovie».Fiat voluntas dei. Finalmente. Paradigmi quasi poetici per celebrare la santità nazional-calcistica dei potentati calcistici italioti. In questo mirabolante universo dantesco dove l’Inter ristagna nelle fredde acque del Cocito (habitat adattissimo a gentaglia come Kondogbia) del calcio, mentre l’emipreo si colora di rosso-bianco-nero, peraltro accostamento cromatico-paesaggistico da vomito istantaneo. Si segnala al nostro che la Fiorentina delle meraviglie, prima in classifica, domenica contro il Bologna su 14 giocatori impiegati ne aveva 1 italiano (Astori), il tutto condito da un allenatore portoghese. Non ci risultano al momento notizie di tifosi gigliati suicidi a causa del poco nazionalismo della Viola. Segnaliamo in secundis che la società cherubina, nella Golden Age sacchiana si fondava sul trio delle meraviglie calabrese: Gullit (scuole a Cosenza)-Van Basten (genitori di Vibo)-Rijkaard (parla correntemente il dialetto di Catanzaro), oltre a quei due succitati zombi che non segnavano mai.
È pazzesco constatare la quantità di rabbia profusa e diffusa costantemente dai portavoce o porta-altro del Milan per il mancato acquisto di Kondogbia, evidentemente mal digerito. Una ferita che sanguina ancora.
Ma poi, arriva la chiosa: «Non resta che dare tempo e sperare che la versione italiana del gioco del calcio non sia proprio da buttare via (in altre parole, che Milan e Juventus risalgano la classifica, ndr). Però prima ci piacerebbe vedere i bambini tornare a palleggiare in cortile. Come fanno ancora in Spagna». Con il volto ammantato di lacrime per la commozione dovuta a questa ultima toccante terzina e al pensiero straziante che i bambini che giocano a palla nei cortili italiani siano stati rapiti dai Sith, mi sovviene che il Barcellona dipende dalle volontà di Messi-Suarez-Neymar (Argentina-Uruguay-Brasile) e che il Real Madrid vola grazie ai gol di un portoghese, un francese, un gallese e un centrocampo con due croati, un tedesco e un colombiano. Vuoi vedere che i Sith hanno fatto un giro anche in Spagna?
Ma non importa, corichiamoci a immaginare la beltà dei cortili nostrani perduti... respirare il profumo dei tigli in fiore, udire il vocìo delicato dei bambini (italiani s’intende), il caldo tepore tardo-estivo del sole del Belpaese. Speriamo che poi non arrivi a svegliarci il figlio di quel legno di Kondogbia e rovinare l’idillìo italiano...
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