editoriale

La grande bruttezza

Se avete avuto la (s)fortuna di tediarvi con i programmi televisivi calcistici andati in onda nel post Chievo-Inter, vi sarete accorti di una certezza inderogabile che gli addetti ai lavori hanno sviluppato su questa Inter. L’Inter è prima...

Sabine Bertagna

Se avete avuto la (s)fortuna di tediarvi con i programmi televisivi calcistici andati in onda nel post Chievo-Inter, vi sarete accorti di una certezza inderogabile che gli addetti ai lavori hanno sviluppato su questa Inter. L'Inter è prima in classifica, ha vinto quattro partite compreso il derby (anche se a sentire qualcuno sembra che non sia finita proprio così), è l'unica squadra a punteggio pieno ma. C'è un ma. Sono quasi tutti concordi nel dire che l'Inter prima in classifica è una brutta Inter. Non un'Inter che può migliorare, non un'Inter in cui si intravede già qualcosa, non un'Inter incompleta. La definizione parla di bruttezza. Quasi si volesse contestare la classifica. 

Non è un grosso problema, ovviamente. Ci sono molte cose vere in quell'Inter brutta perché la squadra si sta amalgamando ora, inglobando gli ultimi acquisti arrivati da poco. Non si trova un equilibrio in una manciata di partite. Anche se vincere aiuta a vincere perché il tuo ego diventa ogni giorno più sicuro di sé e osa. Osa fare cose che non avrebbe osato fare qualche mese fa. Incomincia a crederci. E' un bene? E' un male? Se può aiutare a mantenere il primato in classifica ben venga.

A oggi basta l'uno a zero. Ma di buono in questa Inter non c'è solo la classifica. C'è una inedita felicità nell'assistere alle partite senza quella fastidiosa sensazione che, tempo fa, sottendeva un risultato già segnato. L'Inter sembra finalmente libera di scrivere il suo finale. La pressione, come è giusto che sia, non mancherà. Anzi. Se i nerazzurri dovessero tenere un passo positivo aumenterà. In mezzo a tutta la bruttezza di cui si sente parlare ci sono scorci di calcio piuttosto bello. Lo stop di Jovetic. L'accelerazione di Perisic. La gestione della palla di Palacio. Tutto quello che Kondogbia deve ancora mostrarci. Qualità individuali che lavorano per mettersi a disposizione della squadra. Più che un'Inter brutta è un'Inter che ha il dovere di spingere al massimo le sue potenzialità. Probabilmente in parte ancora inespresse.

E poi c'è quell'antica sofferenza catartica dei minuti finali. Meno isterica, più controllata. Un passaggio obbligato per la crescita e la maturazione della squadra. C'è qualcosa di esteticamente prezioso nella resistenza degli ultimi minuti a Verona. Una nuova consapevolezza si impadronisce dei giocatori. La fatica viene premiata, soffrire aiuta a vincere. Per ora ci accontentiamo di questo. Di un'Inter prima in classifica insieme a tutti i suoi difetti. Già. La grande bruttezza.

Twitter @Sbertagna

 

 

 

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