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Come in un film visto mille e più volte, al rigore inventato per l'Atalanta, i timori che la partita sarebbe finita come poi effettivamente è finita, si sono trasformati in crudeli certezze. Le certezze di chi conosce già il finale. Le certezze che suggeriscono come fantasticare di un fallo inesistente, sia possibile solo se a subirne i danni è l'Inter. Immaginatevi un Juventus-Atalanta e Gervasoni che bello baldanzoso, annoiato dalla direzione ovvia che aveva preso la partita, decida di movimentarla. Immaginatevi le reazioni. La panchina bianconera. I silenzi stampa. I comunicati comprensivi di pdf nelle ore successive. La fine del mondo sarebbe meno rumorosa. E questo vale anche per la seconda squadra di Milano, sia chiaro. Una squadra, che alza la voce ora, ma che glissa abilmente sui costanti rigorini concessi in silenzio. Che si lamenta del giallo a Balotelli e che dimentica che Ranocchia e Guarin hanno saltato turni per aver guardato in maniera aggressiva gli arbitri. Che tanto tempo fa (un'eternità) invitava ad abbassare i toni e poi però grida al campionato falsato. Cose da matti.
Nell'aria aleggia una domanda pruriginosa, che invita ad interrogarci sul da farsi. Dati tutti questi eventi, dall'arbitraggio di ieri agli atteggiamenti di insofferenza nei nostri confronti, dalle giornate per sguardi intimidatori alle 20 giornate senza un rigore, è difficile rimanere sereni. Fatelo voi, se vi riesce così bene. Noi siamo stanchi. Guardi una partita come quella di ieri sapendo di avere l'attacco decimato. Segna Rocchi dopo 14 mesi (bella partita). Reagisce Alvarez con una doppietta. Nel frattempo perdi un altro pezzo, Cassano. Rimandi l'arrabbiatura a fine partita e poi ad un certo punto Gervasoni indica il dischetto. I giocatori dell'Atalanta si guardano straniti, quelli dell'Inter basiti. Sorvolo su noi spettatori, ché siamo in fascia protetta. Al Meazza cala il gelo. Denis giustamente non sbaglia. A casa abbiamo solo voglia di spegnere tutto. E come l'abbiamo avuta noi a casa questa voglia, anche i giocatori. Perché sono esseri umani. Perchè se ad ogni partita c'è un boccone amaro da ingoiare, se sai che hai dei limiti di rosa e di potenzialità e questi limiti riesci a superarli, se sai tutte queste cose e ti tagliano le gambe nel tuo momento migliore, beh la voglia di lottare ti passa. Non dovrebbe, ma sinceramente non possiamo fargliene una colpa. Non dopo ieri. Davvero.
La voglia di parlare di calcio è vicina allo zero, oggi. Siamo stanchi anche di sentire che non ci si può attaccare ad un rigore se poi prendi gol in quella maniera stupida e superficiale. Ok. Allora è forse il caso di smettere di concedere rigori alle squadre più deboli e scarse del campionato? A quelle che retrocederanno? Non se li meritano, a sentire certe sagge posizioni. A ragionare così, davvero, non andiamo da nessuna parte. L'Inter dovrà mettere mano a moltissime situazioni, quest'anno. Risolvere problemi d'identità di squadra, capire che cosa vuole fare da grande, rafforzarsi nei ruoli più devastati. Sicuramente anche aggiustare ruoli e compiti all'interno della società. Ma come priorità assoluta deve fare una cosa su tutte. Decidere come vuole gestire la comunicazione e come desidera affrontare il mondo. Purtroppo non è sufficiente svegliarsi dopo anni di voluto silenzio e sperare di essere ascoltati. Siamo fieri dell'Inter perché non ha mai voluto sporcarsi con compromessi di dubbia natura. Per i toni pacati. Per quell'essere superiore a situazioni volgari. L'amiamo anche per tutte queste cose. Ma se vogliamo poterci lamentare di serate come quella di ieri, tocca prepararsi a lottare. Era molto comodo avere Mourinho che gestiva questo aspetto praticamente da solo. Incominciamo da oggi. Pretendiamo un'inchiesta sul rigore, apice e simbolo di una stagione di sgarbi tollerati sempre con educazione. La Lega dice che l'ammonizione era su Ranocchia, ma la posizione ufficiale è che il fallo era di Samuel. E' un dato lampante: è ovvio che il fallo fischiato da Gervasoni rispecchia il nulla cosmico. Pretendiamo delle risposte, alziamo la voce, andiamo fino in fondo. Proponiamo di rigiocare la partita, se necessario. Facciamo qualcosa. Con rispetto, ma senza rassegnazione. Non c'è nulla di anti-etico nel denunciare con i dovuti modi un'ingiustizia. E smettiamola di dire che è ricominciata la guerra. Questa è una guerra che non è mai finita. Siamo stati noi a decidere di non volerla più combattere.
Twitter @SBertagna
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