Una cosa è certa. Quella di stasera non era solo una partita di calcio. Era una sfida tra il passato, che scalpita, e il presente, che chiede tregua. Tra la voglia di riaprire ferite mai chiuse e quella esausta di provare a ricucire e girare pagina. Il derby d'Italia si gioca in una delle settimane più calde del campionato. Quella che vede l'Inter al secondo posto in classifica, in attesa di affrontare i marziani del Barcellona e continuamente pungolata dagli echi del processo di Napoli. Mou prosegue nel silenzio stampa. L'incredibile quantità di gente che parla a sproposito invece si spreca. Fin dai primi minuti si capisce che ci vorranno secoli perchè un Inter-Juve diventi una partita gradevole da guardare o più semplicemente una partita di calcio. Tensione, rabbia e insofferenza si sprecano e servono per rispolverare le antiche regole della sopravvivenza. La posta in gioco è incredibilmente alta, amici. C'è un popolo, quello nerazzurro, che reclama a gran voce giustizia. La Juve rimane in dieci, l'Inter si mangia una irritante quantità di reti. Ma ci crede. Non molla lo sguardo dall'obiettivo. Finchè un fuoriclasse brasiliano non inventa una rete esteticamente superba. Finchè la zampata di un bomber ritrovato non mette la parola fine ad una serata piena di fantasmi. Fa specie carpire le lamentele bianconere a fine gara per un'ammonizione a Sissoko. I bianconeri, come del resto per quasi tutto il campionato, non si sono mostrati particolarmente pericolosi. La tattica di cercare i falli non può essere considerata alla lunga un pregio tecnico, ma una debolezza. L'esultanza di Mou ai gol parla più di mille discorsi. Un finale diverso non sarebbe stato, alla luce degli ultimi spiacevoli fatti, ammissibile. E per la felicità di chi ama riempirsi la bocca con questa espressione, la vittoria è arrivata sul campo. Una certezza nella tempesta ancora tutta da attraversare.
editoriale
LA MADRE DI TUTTE LE PARTITE
Una cosa è certa. Quella di stasera non era solo una partita di calcio. Era una sfida tra il passato, che scalpita, e il presente, che chiede tregua. Tra la voglia di riaprire ferite mai chiuse e quella esausta di provare a ricucire e girare...
In calcio veritas.
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