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editoriale
Reduci da una settimana di polemiche su quanto accaduto a Marassi avevamo agognato la domenica di calcio giocato come non mai. Il pensiero che una partita di calcio (della nazionale, poi) potesse trasformarsi in guerriglia urbana non ci aveva sfiorato, fino a quando l'ormai noto "uomo nero" non era entrato nelle nostre case attraverso immagini decisamente preoccupanti. Per un tempo indeterminato e prolungato le forze della polizia schierate sotto la curva dei serbi sembravano cercare di rimandare il più possibile il momento del confronto con una curva malintenzionata, che francamente nessuno avrebbe voluto affrontare. Che non stava nella pelle per la voglia di scontrarsi. Una pagina brutta quella di Marassi, che ha evidenziato la follia dei serbi (per motivi evidentemente lontani dal calcio), ma contemporaneamente anche la totale inadeguatezza del calcio italiano nel gestire situazioni pericolose. Ci ha rammentato che la tessera del tifoso non è la panacea di tutti i mali. Che qualcosa nei controlli fuori dallo stadio non ha funzionato. Che in caso di frange di tifosi pericolosi l'unica soluzione conveniente per chi ha la sfortuna di trovarsi lì in mezzo è darsela a gambe.
Si è parlato di colpe e di responsabilità, ovviamente in perfetto italian style. Cioè scaricando le prime e anche le seconde. Tutta colpa degli altri. Abbiamo perso una buona occasione per fare un pò di sana autocritica e per interrogarci su quanto non funzioni nei nostri stadi. L'abbiamo persa pur conoscendo tutte le nostre magagne. Sapendo che c'è ancora chi si prende una coltellata allo stadio e chi utilizza invece l'alibi della contestazione per cimentarsi nel lancio di sassi o qualche altra genialata. Insomma, chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Anche sugli spalti di casa nostra ci sono delle "bestie". C'erano domenica a Cagliari. C'erano anche a Milano nella partita contro la Juventus. Sono quelli che dicevano che ce l'avevano con Mario non per il colore della sue pelle (e infatti gli davano del negro), ma perchè era arrogante. Sono gli stessi che si permettono di insultare Samuel Eto'o nella maniera più bieca. I soliti cori razzisti all'indirizzo di giocatori di colore. Qualcuno ha fatto finta di non sentire. Ma Tagliavento ha dato un segnale e ha interrotto la partita per alcuni minuti. La soluzione giusta per chi non conosce il significato della parola rispetto. Anche i tifosi bianconeri non sono stati da meno: in occasione di Inter-Juve avevano confezionato per il giocatore camerunense un coro speciale: "Candeggiamo Eto'o"...
Già. A quanto pare non è necessario andare troppo lontano per trovarsi in mezzo alle "bestie"...
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