Non eravamo preparati ad un tracollo così improvviso. O meglio lo avevamo annusato nell'aria in una prima parte di stagione e poi ci eravamo illusi di averlo in qualche modo dominato. La stanchezza si è palesata nel peggior momento possibile. L'istante che avrebbe potuto concretizzare la faticosa rimonta in qualcosa di straordinario. Non è stato così. La nostra Inter arrancava stanca, sulle gambe, senza voler ammettere di aver dato tutto. La vita è fatta di cicli, il calcio anche. E se pensiamo a quanto quelle stesse gambe avevano dato un annetto fa, non possiamo che annuire silenziosamente. Quello che decideremo di fare da grandi lo valuteremo a fine stagione. Adesso non è tempo di riflessioni filosofiche, ma di azioni semplice e pragmatiche. Scendere in campo. Inseguire la palla. Spingerla in rete. Minuto dopo minuto, partita dopo partita. Non è ancora finita. E non c'è scritto da nessuna parte che dobbiamo per forza sprofondare ulteriormente. C'è la Coppa Italia. Ancora contro la Roma, ancora contro quei rancori (i loro) mai sotterrati. C'è un campionato da finire dignitosamente. Il più in alto possibile. Gambe e fiato permettendo. La testa, quella non perdiamola del tutto. Conoscevamo questo amaro finale ancor prima che la primavera decidesse di svelarcelo soffiandoci la sua brezza inattesa tra i capelli. L'attesa, malcelata da vibranti speranze mai sopite, si è ora consumata. Che fretta c'era?
editoriale
Maledetta primavera
Non eravamo preparati ad un tracollo così improvviso. O meglio lo avevamo annusato nell’aria in una prima parte di stagione e poi ci eravamo illusi di averlo in qualche modo dominato. La stanchezza si è palesata nel peggior momento...
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