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editoriale
Di Mario Balotelli, in questi ultimi giorni, si è parlato fin troppo. Un’esposizione nociva, che tocca corde di equilibri già molto sensibili. Equilibri tra lui e Mourinho, ma non solo. Equilibri tra Mourinho e la stampa. A seconda della posizione che uno vuole prendere Mario può rappresentare l’ostaggio perfetto. Ama le Ferrari? Basta con i giovani calciatori che rispondono al luogo comune soldi, belle macchine e veline. E’ fischiato perché per qualcuno non possono esistere neri italiani? No al razzismo. Oppure. Questo non è razzismo, ma ignoranza (come se invece allora fosse una bella cosa). Fa segno di tacere ad una curva che lo fischia per 90 minuti? Uno così giovane non si deve permettere di provocare. Arriva in ritardo agli allenamenti? E qui il terreno si fa piuttosto pericoloso. Da qualche tempo infatti Mario viene sempre più spesso utilizzato per rimarcare gli errori di Mourinho. Quando è troppo severo. Quando non lo fa giocare. E via dicendo. Come in tutte le cose ci vuole misura. Mario è giovane e alla sua età sentirsi dire cosa si deve fare e come lo si deve fare può essere irritante. Ma un vero professionista sa che la disciplina è parte integrante di ciò che fa. La tentazione del mondo fuori è quella di ficcare il naso negli affari di casa d’altri. Nel caso dell’Inter è piuttosto un’abitudine. Quindi Mario fa notizia soprattutto perché Mourinho non ama parlarne e vorrebbe che fosse considerato un giocatore come gli altri. Domenica, dopo non averlo portato né in campo, né in panchina, Mourinho ha dichiarato: “Lascio in panchina due campioni del mondo e mi devo giustificare se mando in tribuna Balotelli, che non è nessuno. E’ forse Maradona?” No caro Josè, Mario non è Maradona. Ma non è nemmeno un brocco. E non convocarlo per più partite, anche dopo aver smaltito la punizione, non deve diventare un gioco forza con chi ti dice convocalo! Mario deve crescere, è vero. Ma noi speriamo che lo faccia con questi colori, quelli che già a 15 anni hanno creduto nel suo immenso talento. In una potenzialità confermata sul campo. Nella sua freddezza davanti alla porta (e i precedenti contro la Juve dovrebbero essere una molla per portarlo a Torino). E di questa fiducia Mario, bizze adolescenziali a parte, ne è consapevole. Balotelli è l’anomalia perfetta di una squadra come l’Internazionale. Pensateci. Mario è uno dei pochi italiani di questa squadra ed è di colore. Rappresenta il nostro futuro, lo anticipa e rende normale una cosa straordinaria. L’Inter ha bisogno di lui anche per questo. Perché è un giovane italiano di talento. Perché con lui ha già vinto e deve continuare a farlo. Perché un giorno il suo sogno di bambino si avveri: indossare la maglia azzurra e rappresentarci tutti.
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