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Tre generazioni di Forlan sfornate apposta per i campi del calcio sudamericano. E non solo. Il nonno, Juan Carlos Corazzo, inizia la sua carriera come giocatore dell’Independiente. Sono gli anni ’30. I suoi maggiori successi arrivano però seduto sulla panchina uruguagia, in qualità di allenatore. Vince due Copa América, rispettivamente nel 1959 e nel 1967. In entrambe le occasioni il suo schieramento a piramide (2-3-5) gli portò successo e fortuna. Papà Pablo Forlán, difensore della nazionale celeste, ha in bacheca un imbarazzante numero di tituli. 10 scudetti, tra Uruguay e Brasile, 1 Copa Libertadores, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Copa América e 2 Mondiali. Uau. Con un’eredità di questo paese si capisce immediatamente perché Diego avesse deciso di darsi al tennis. Fu l’incidente della sorella a ricongiungere la sua strada con quella del pallone. Giocare a calcio divenne un mezzo per poter curare la paralisi di Alejandra. Non tutti i calciatori giocano a calcio per gli stessi motivi.
Veniamo al fulcro della carriera di Diego. Intanto è uno al quale piace segnare e non poco. Dopo un avvio in terra argentina per lui c’è il Manchester United e poi il Villareal. Accanto a Riquelme segna 25 gol e porta la squadra spagnola al terzo posto. Si accasa all’Atletico Madrid, dove non smette di segnare, e vince per la seconda volta nella sua carriera la Scarpa d’oro. Quest’anno, per non smentire la vocazione familiare, si è portato a casa la Copa América diventando, con 31 reti, il maggior cannoniere della storia della celeste. In perfetto stile Forlan. All'Inter impartisce due dispiaceri. L'eliminazione dalla Champions con il Villareal e la Supercoppa Europea vinta dall'Atletico nella scorsa stagione.
Diego, ad una prima e veloce occhiata, ci ricorda il Capitano. Uno solido, che non si risparmia in campo, ma nemmeno fuori. Anche per lui l’età anagrafica potrebbe essere solo un dettaglio. Non sappiamo ancora se Diego Forlan riuscirà a non far sentire la mancanza di Samuel Eto’o. Sostituirli nella campagna pubblicitaria Sky potrebbe essere di buon auspicio. E come scrisse Edoardo Galeano, scrittore uruguayano appassionato di pallone: “Il calcio continua a voler essere l'arte dell'imprevisto. Dove meno te l'aspetti salta fuori l'impossibile, il nano impartisce una lezione al gigante, un nero allampanato e sbilenco fa diventare scemo l'atleta scolpito in Grecia.” Buona fortuna, Cacha!
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