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Natale da capolista, ma con l'amaro in bocca. Sorride a metà l'Inter, sospesa fra la soddisfazione di dare le spalle alle altre 19 e il dispiacere per aver gettato alle ortiche una partita decisamente alla portata. Manca la ciliegina sulla torta in questo più che positivo secondo semestre 2015, il quid che avrebbe iniettato ancor più fiducia e consapevolezza negli uomini di Roberto Mancini, costretto a fare mea culpa in camera caritatis per alcune discutibili scelte di formazione e di gestione degli uomini a partita in corso.
PERCHÉ? - L'esclusione di Brozovic e Ljajic, i due più in forma al momento, la terza partita consecutiva concessa a Montoya dopo mesi di inattività, il doppio medianaccio a contrastare una squadra dall'atteggiamento quasi completamente remissivo, rinunciando al benché minimo pizzico di qualità in fase di impostazione, il perseverare con un Felipe Melo già proiettato alla scelta del costume più sgargiante possibile da utilizzare nelle feste con parenti e amici. Insomma, una partita completamente sbagliata. Capita, ma il rischio era dietro l'angolo, come fiutato anche da Ausilio in settimana. E così, in pieno clima natalizio, l'Inter ha deciso di regalare due gol alla Lazio, tre punti con tanto di fiocco e carta a pois, per permettere al buon Pioli, passato da burino ad ottavo Re di Roma nel giro di 90 minuti. Tutti sul carro, c'è spazio, ma ringraziate la Beneamata.
NIENTE PAURA - Si vede la luna, soprattutto da qui. Il giudizio su questa squadra e sull'allenatore, con buona pace delle analisi leopardiane di una buona frangia di tifosi e addetti ai lavori, non cambia. Bisogna tenere sempre a mente obiettivi e lavoro svolto finora, in relazione anche all'andatura delle dirette avversarie. Fa storcere un po' il naso il clima degli ultimi giorni, l'allegria del Natale alle porte, brindisi, baci e abbracci forse più del dovuto, ma che questa squadra debba ancora crescere anche sul piano mentale non è un mistero. Ed in questa ottica sia benedetta la sconfitta di ieri, una scoppola fra capo e collo, come una sveglia per questi ragazzi, finora non troppo abituati all'aria d'alta quota. Testa bassa e pedalare, fino alla fine, senza farsi distrarre da voci che lasciano il tempo che trovano. Solo chi non ha mai giocato a calcio, nemmeno in oratorio, può credere che un paio di urla in uno spogliatoio rappresentino qualcosa di scandaloso. Lo scandalo vero è sconsacrare quel tempio all'interno del quale tutto dovrebbe rimanere, per il bene del gruppo, per il bene di tutti.
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