editoriale

No pathos no party

Nella giornata in cui l’altra squadra di Milano rallenta ancora e quella nerazzurra non ne vuole sapere di sollevare il piede dall’acceleratore, il numero 5 diventa una curiosa chiave di lettura. 5 i gol infilati alla Roma. 5 i punti...

Sabine Bertagna

Nella giornata in cui l'altra squadra di Milano rallenta ancora e quella nerazzurra non ne vuole sapere di sollevare il piede dall'acceleratore, il numero 5 diventa una curiosa chiave di lettura. 5 i gol infilati alla Roma. 5 i punti che ci separano dalla prima in classifica. La partita con la Roma evidenzia ancora una volta inflessioni patologiche care alla squadra nerazzurra. Che a volte non è solo pazza, ma completamente folle. Una vittoria facile e pulita non ci piace, da queste parti. Sul 4-1 quando era doveroso gestire, ma soprattutto non perdere la concentrazione l'Inter cannibale cosa fa? Si distrae e si disinteressa della partita. Perchè? Mah, a questo punto forse se la situazione non è complessa e stimolante i nerazzurri si rifiutano di giocare. Una sensazione che potrebbe ulteriormente spiegare l'avvio inspiegabile di questa stagione. Abituati a giocare avvolti dal pathos come pochi altri i nerazzurri sembrano ringalluzzirsi solo quando la posta in gioco è viziata da una buona dose di rischio (i tifosi ringraziano...). E così su un pregevolissimo 4-1 vediamo entrare due palloni alle spalle di Julio Cesar senza nemmeno capire il perchè e il per come. Nienta paura. C'è spazio per sbagliare qualche gol (Milito!), per l'esordio scoppiettante di Nagatomo e per il gol del Cuchu, che mette la parola fine su una serata da archiviare nella sezione Follie. Una partita pungente davanti, una decisamente meno impeccabile dietro. Nel mezzo un Wesley ispiratissimo, un Pazzo che fa un lavoro egregio, un Julio Cesar ancora una volta determinante. Dopo tutte queste emozioni non ci resta che soccombere ad un piacevole sonno nerazzurro (sognare è lecito). Naturalmente fino alla prossima follia...

p.s.: un consiglio alla Curva. Cantare "Tutti a casa alè" a venti minuti dalla fine non paga mai. La storia ce lo insegna...