editoriale

Non è vero. Vero?

Di questa domenica pomeriggio, (s)vestita di un clima quasi cagliaritano (ma eravamo a Milano), ci portiamo a casa una sensazione irreale puntellata da interrogativi crudeli. Abbiamo davvero preso quattro gol dal Cagliari, consegnandoci agli...

Sabine Bertagna

Di questa domenica pomeriggio, (s)vestita di un clima quasi cagliaritano (ma eravamo a Milano), ci portiamo a casa una sensazione irreale puntellata da interrogativi crudeli. Abbiamo davvero preso quattro gol dal Cagliari, consegnandoci agli avversari con passiva naturalezza? La squadra è questa? I rimedi di Mazzarri sono quelli suggeriti già nella scorsa stagione? Tutto ciò ha una spiegazione plausibile? Domande da un milione di dollari, direbbe qualcuno. Rispondere non è semplice. Complice lo sconforto per un'Inter che ieri è caduta molto in basso. Un'Inter per la quale si è dovuto parlare nuovamente (le ricadute sono il nostro male quotidiano) di immaturità, di equilibrio psicologico labile, di non squadra. In campo si è percepito da subito che c'era una sorta di mollezza. Quella mollezza che non porta mai niente di buono. Quando ti mostri indeciso davanti alla porta dell'avversario è un attimo che si capovolge l'azione e che rimani trafitto. Così è stato. 

Abbiamo preso un gol, abbiamo pareggiato. Poi l'espulsione di Nagatomo e subito il secondo gol del Cagliari. E poi il terzo ed il quarto. Al quinto ha detto no Samir Handanovic perché sarebbe stato troppo. Mazzarri ha ricostruito la partita di domenica come un rincorrersi di eventi incessanti al quale era impossibile mettere fine. Un incubo, insomma. Eppure l'eventualità che una squadra come l'Inter, notoriamente molto amata dalla classe arbitrale, giochi in dieci uomini non è così remota. Probabilmente allenarsi sempre a giocare in dieci sarebbe esagerato, ma avere un'idea di come disporsi e di quali contromisure prendere nel corso della partita se ciò avviene no. Quella sensazione di sbando totale fa male agli occhi. Dei tifosi, del presidente e, non ne dubitiamo, anche del mister. Gli avversari fanno presto ad infilarsi in un'incertezza. Ti colpiscono ripetutamente senza pietà. La nostra paura non può che esaltarli. E' una logica banale, in fondo.

Aspettiamo con ansia la partita successiva nella speranza che ci possa dire chi siamo. E ogni volta il responso è altalenante, diverso dal precedente, effimero. Non siamo quelli roboanti del 7 a 0 rifilato al Sassuolo, non siamo quelli apatici e incapaci di reagire dell'1-4 con il Cagliari. Giocatori che hanno fatto bene in una partita hanno un crollo importante in quella successiva e se la risposta è che sono stanchi abbiamo ufficialmente un problema. Alla quinta giornata di campionato e con l'Europa League e la Coppa Italia da giocare è un segnale inquietante. Le alternative non sembrano mancare ma il troppo turnover ci fa male. Soprattutto in difesa. Sembra un gioco senza soluzione. Mazzarri si è preso le sue colpe, la società si è presentata davanti ai microfoni con Ausilio. l'Inter non si è nascosta, insomma. Ma gli interrogativi rimangono appesi ad un filo. Labile come il nostro rendimento.

Cercare di spiegare quanto visto ieri in campo equivale ad ammettere che sia successo veramente. Le spiegazioni fanno male quanto il risultato. Come è possibile che una squadra perda così totalmente la testa? Che disconosca le sue coordinate, che si pieghi all'avversario senza riuscire ad opporre il minimo cenno di resistenza, che non abbia soluzioni? Che non ci sia un modo per scuoterla con veemenza e riportarla in sé? Mazzarri dovrà lavorare molto sui rimedi e sulla prevenzione. Da domenica, situazioni apocalittiche come quella vista contro il Cagliari, andranno inserite negli scenari che si possono concretizzare. Ma che per nessun motivo al mondo devono ripetersi. 

Twitter @SBertagna