editoriale

Non pervenuti

Si comunica che la squadra nerazzurra è rimasta negli spogliatoi per tutta la durata della partita. Ecco, se un megafono avesse diffuso questa comunicazione surreale ci saremmo messi tutti il cuore in pace. Stasera i nostri non hanno voluto...

Sabine Bertagna

Si comunica che la squadra nerazzurra è rimasta negli spogliatoi per tutta la durata della partita. Ecco, se un megafono avesse diffuso questa comunicazione surreale ci saremmo messi tutti il cuore in pace. Stasera i nostri non hanno voluto giocarsela e noi siamo qui a chiederci perchè. Se la sfida con i bianconeri ha perso di appeal era quantomeno doveroso farlo per la lotta allo scudetto. Presto ci ha assalito la spiacevole sensazione di non essere preparati alla rabbia agonistica che sapevamo ci avrebbe atteso a Torino. Dai, non prendiamoci in giro. Ogni anno è così. Nell'ormai noto gioco di ribaltamento di ruoli loro sono le vittime, noi i cattivi. E la partita si gioca sempre allo stesso modo. In un clima ostile, con toni alti, insulti (se non c'è Balotelli ci si accontenta di Eto'o) e falli al limite del lecito. Lo sappiamo. Lo dovevamo sapere. E invece no. Scendiamo in campo e ci muoviamo lenti, troppo lenti. Di là si chiudono (bentornato catenaccio), ma poi ripartono e pungono con giocatori alti, forti e fisici. Il duello Toni e Cordoba ha del tenero. Cambiasso tiene una posizione strana, poco utile al resto della squadra e non azzecca un anticipo. L'attacco è isolato, sulla fascia sinistra non si sale: tutto è nelle mani, o meglio, nei piedi di Maicon. Non c'è molta differenza tra un tempo e l'altro. L'incredibile è che nonostante il tempo passi non si avverte nessuna reazione, nessun moto d'orgoglio. Tutti i nostri tentativi si proiettano in quella traversa presa da Eto'o, sull'amaro finale. Tutto il nostro essere increduli appeso ad una traversa che trema. Quando ci riprenderemo toccherà chiederci che cosa vogliamo fare da grandi. Perchè stasera eravamo davvero piccolissimi. 

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