editoriale

One level down

Sabine Bertagna

C’era una volta l’impresa nerazzurra in Europa e nel mondo. C’era una volta una squadra combattiva, guerriera e vincente. Una squadra capace di conquistarsi la qualificazione in una notte gelata, negli ultimi trepidanti attimi...

C'era una volta l'impresa nerazzurra in Europa e nel mondo. C'era una volta una squadra combattiva, guerriera e vincente. Una squadra capace di conquistarsi la qualificazione in una notte gelata, negli ultimi trepidanti attimi utili. Capace di andare a Londra e segnare un gol, quello necessario e indispensabile, in maniera fredda e precisa. Capace di ribaltare i pronostici e fare l'impresa contro i marziani del pallone. E infine di prendersi quella soddisfazione che mancava da troppi anni, in una notte semplicemente perfetta. C'era una volta e non é detto che non ci sarà ancora. Anche se le prospettive che sembrano aleggiare intorno al calcio nerazzurro, ma soprattutto a quello italiano, non sono delle migliori.

Qualcuno ha definito di recente la vittoria della Champions dell'Inter un evento fortuito. Puramente casuale. Ah, quale abbaglio! Quanta invidiosa presunzione. Non ci fu nulla di improvvisato in quell'impresa costruita partita dopo partita, centimetro dopo centimetro, fuori e dentro il campo. Ce lo doveva ricordare Eto'o, lasciando il nostro sempre più triste paese, che Mou é un maestro di tattica e non un ciarlatano qualsiasi, come credevano gli intelligentoni che animano le discussioni calcistiche nei nostri numerosissimi bar sport.

A furia di ripeterci che il nostro é ancora il campionato più bello del mondo (così recitano i numerosi slogan delle pay tv per fornirci motivi validi a sottoscrivere un abbonamento), non ci siamo accorti che stavamo diventando un gruppo di provinciali boriosi. Fieri di esaltarci per polemiche inutili. Mai volte alla risoluzione di un problema. Proiettate all'esaltazione di chiacchiere senza un fine preciso. E allora nella giornata in cui il nostro calcio sciopera, giustamente o ingiustamente a seconda delle posizioni (se non si fa un tifo per una fazione, in Italia non si é davvero nessuno), é stato sufficiente sbirciare al di là dei confini per giungere a qualche rapida conclusione.

Se nella Liga il duello si ridurrà probabilmente ad una corsa a due (rendendo i giochi poco avvincenti, se non per le due protagoniste), nella Premier League le cose si fanno piuttosto interessanti. Il Manchester City batte il Tottenham, tenendo in panchina Balotelli e Tevez, per 5 reti a 1. Il Manchester United asfalta l'Arsenal con 8 reti; i due gol dei Gunners non cancellano l'umiliazione della sentenza finale. Lo stesso Arsenal capace di eliminare l'Udinese nei preliminari di CL. Roma e Palermo hanno già perso il biglietto per l'Europa, la Juve non lo ha mai posseduto. Nella passata stagione il Milan, che vive nel vanto di essere il club più titulato al mondo, é uscito agli ottavi eliminato dal Tottenham e senza segnare un gol in 180 minuti. L'Inter, passata ai quarti grazie ad una rimonta epica in terra bavarese, si é fatta eliminare nella maniera peggiore possibile da una squadra che sulla carta non poteva intimorire. Dal tripudio alla tragedia.

Ecco, forse sarebbe opportuno riflettere su che cosa vuole essere il calcio italiano oggi. Ci riempiamo le bocche di belle parole all'indirizzo della cantera del Barca e poi non ammettiamo che un giocatore come Totti possa essere sostituito. E mentre all'estero si sottoscrivono progetti più o meno originali, ma pur sempre progetti, ci troviamo di colpo tagliati fuori. Loro in un campo a tirare di pallone. Noi seduti ad un tavolo nascosti dal fumo delle nostre chiacchiere.