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Come siamo arrivati a questo punto? Quando la piega degli eventi si è irrigidita congelando ogni certezza? Perché siamo stati catapultati nuovamente in una dimensione di precarietà? Queste, più o meno, le domande che i tifosi interisti si pongono in questo momento. Non possiamo credere che la partita contro l'Udinese, seppur di dimensioni drammatiche dal punto di vista di quanto dimostrato sul campo dalla squadra, sia stato l'elemento decisivo nel far vacillare mesi di dichiarazioni. Ma i dubbi erano subodorabili già da qualche tempo. Mancava sempre qualcosa alle riconferme di Moratti. Un punto esclamativo. Una risata distensiva. Lo sguardo sicuro di chi non teme di essere contraddetto.
Contro l'Udinese, per la prima volta in maniera evidente, la faccia di Andrea suggeriva un malcelato desiderio di non trovarsi lì. Esattamente dove si stava trovando. Per la prima volta un'ombra di paura. E dopo mesi di pressioni, sfighe e risultati pesanti ci sembra una reazione abbastanza comprensibile. Le sue parole hanno cercato ancora una volta di ricamare una trama di giustificazioni credibili. Ma il tono e l'abitudine a quelle parole, così tante volte utilizzate, per la prima volta, non ci hanno convinto. Non sarebbe cambiato nulla nei traguardi della stagione se avessimo vinto l'ultima di campionato. Sarebbe cambiato qualcosa alla voce entusiasmo. L'idea che tutto potesse essere compromesso ha preso forse il sopravvento. Forse la situazione ha incominciato ad apparire come irrisolvibile. Il calcio vive di emotività. Purtroppo.
Da una parte abbiamo quindi un giovane allenatore al quale, non smetteremo mai di dirlo, le cose non sono mai state rese semplici e comode. Un allenatore che era giovane e inesperto anche a settembre dell'anno scorso, ma sul quale si era deciso di puntare. Un allenatore che aveva voglia di giocarsi la sfida. Dall'altra parte abbiamo invece una serie di numeri catastrofici che ci raccontano come sono andate le cose, numeri impossibili da allontanare dal contesto oppresso da infortuni e scelte di mercato discutibili. Numeri che rimangono fortemente negativi. A scanso di equivoci, esonerare Stramaccioni significa una sola cosa. Ammettere pubblicamente di aver buttato via un'altra annata. L'ennesima. Moratti riflette, vacilla, prende tempo. Allenare l'Inter è una cosa diversa dall'allenare e basta, dice. Sa di dover mettere le cose a posto. Sa che ci andranno di mezzo delle persone. Con o senza Stramaccioni Moratti ha pochissimo margine di errore a disposizione. Sa di non poter sbagliare il tiro, questa volta. Per il bene dell'Inter deve prendere una decisione. Quella giusta.
Twitter @SBertagna
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