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Non facciamo l'allenatore di professione, nè il direttore tecnico, nè il presidente. Osserviamo e tentiamo di buttare nero su bianco le nostre impressioni per intrappolare i momenti più significativi dell'Inter. Siamo sempre animati dall'amore per la nostra squadra, amore che però non ci impedisce (aggiungerei per fortuna) di notare determinate incrinature, una fase nera, un lento declino. Non è davvero questione di essere ottimisti o pessimisti e il nostro sostegno alla causa non avrà nessun cedimento. E' evidente però che abbiamo un problema. E forse più di uno.
Sì, ci siamo qualificati come primi nel girone. Ma sarebbe sconsiderato non vedere cosa sta realmente accadendo. La squadra che fatica nel collettivo e ancor di più nei singoli, l'incapacità di difendere un sudato vantaggio, l'impressione che quella palla non ne voglia sapere di entrare. Stagione stregata, maledetta o è arrivata semplicemente l'ora di guardare in faccia la realtà? Di smettere di vivere di rendita? Di reagire. Perché stiamo precipitando e nemmeno troppo lentamente. Perché se é vero che non possiamo probabilmente più ambire allo scudetto, non risollevarci dal posto che occupiamo ora in classifica vorrebbe dire compromettere anche la prossima stagione. In maniera drammatica.
Se avessimo le soluzioni forse in questo momento saremmo seduti sulla panchina nerazzurra o al tavolo con il presidente. Non le abbiamo. Ma vediamo benissimo cosa non sta girando. Se andiamo avanti di questo passo rovineremo i nostri ricordi più belli. Non c'è nulla di male nel prendere atto che Milito in questo momento non può stare in campo. La fiducia si riacquista segnando, ma noi non abbiamo tutto questo tempo a disposizione. Nè per ritrovare la fiducia, nè per sentirci al sicuro in classifica. I 90 minuti di Milito ieri profumano di ostinata speranza. Ma ci regalano la certezza che non sia la soluzione più corretta. Le amnesie in difesa lasciano temere una perdita di concentrazione collettiva, spesso ingestibile. Non basta un bellissimo gol del Cuchu, che non sbaglia e di rabbia ficca in rete il pallone ribattuto, per rianimare la squadra. Un po' meglio le gambe (complici i molti giovani in campo), così così il gruppo. Non sappiamo se esista una pozione magica per scuotere questa Inter (e liberare dalla maledizione il nostro principe), ma sappiamo che è arrivato il tempo delle decisioni difficili. Quelle che il presidente e la società da troppo tempo stanno rimandando. Quelle che anche Ranieri dovrà incominciare a prendere. Da oggi non sono più ammessi senatori, privilegi, debolezze. Bisogna incominciare a sputare sangue e a lottare per un obiettivo comune. Si chiama salvezza ed è di primaria importanza. Ha lo stesso valore di uno scudetto o di una coppa dei Campioni. A gennaio bisognerà intervenire nella maniera più decisa possibile. In attesa di giugno e di quelle difficili decisioni delle quali parlavamo prima. Difficili ma non più rimandabili.
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