editoriale

Piacere, la vergogna baciata dal sole

Alessandro De Felice

Non ci chiamassimo Internazionale, probabilmente, accoglieremmo certi fastidi con maggiore indifferenza, ma siccome i connotati del nostro DN(A) sono palesemente espressi nel nome che ci rappresenta, allora non possiamo ignorare. Non possiamo...

Non ci chiamassimo Internazionale, probabilmente, accoglieremmo certi fastidi con maggiore indifferenza, ma siccome i connotati del nostro DN(A) sono palesemente espressi nel nome che ci rappresenta, allora non possiamo ignorare. Non possiamo soprattutto perché sembrano attacchi ingiustificati e ben mirati, e allora è sempre bene distribuire con chiarezza la verità sul tavolo della discussione. “Dopo anni bui è tornato il sole grazie alla Juventus. L’ultima volta che abbiamo vinto la Champions, non c’era neanche un italiano in campo e a parer mio questa è una vergogna”(Cit. Arrigo Sacchi). Dichiarazione straziante, soprattutto perché figlia della riflessione di un uomo esperto, maturo, forse troppo ormai. Una nauseante maschera di patriottismo che, onestamente, dopo le tante vergogne che il nostro paese presenta, non si capisce dove affondi le radici. Bieco tentativo di sminuire un’epica impresa a favore di chi non è neanche a metà strada del percorso. Già, perché il paragone di Sacchi è viziato sul nascere, dal momento in cui ci sono ancora Lazio e Barcellona tra la Juventus e ciò che l’Inter ha saputo concretizzare. Perché se le finali bastasse giocarle, allora Sacchi sarebbe campione del mondo. E invece no. Un raggio di sole sull’Italia e viene spontaneo chiedersi se sia lo stesso che riscalda le bizzarre tabaccherie di Parma, quelle che vendono Rolex. Giusto per ricordare che le vergogne sono altre, e tutte di marchio italiano.Strana la parabola di Sacchi, allenatore che lascia la panchina perché vittima dello stress che accompagna questo mestiere. Diciamolo a bassa voce perché se ci ascolta Stachanov si rivolta nella tomba. Stanco di allenare, ma non di parlare e di giudicare calciatori ed ex colleghi che, contrariamente a lui, spendono ancora sul campo la maggior parte del proprio tempo. Sul campo, non sulla poltrona o dinanzi alle telecamere, dove Sacchi dimostra tutt’oggi di disporre di un buon consiglio per tutti. E allora ci si chiede: non è forse giusto che si rimetta in gioco?O forse non se la sente?La seconda ipotesi è plausibile? E allora perché giudicare chi invece ha coraggio necessario per andare avanti?Forse la sua sagacia potrebbe portarci addirittura a vincere Champions con 11 italiani titolari in campo, d’altronde il suo lavoro con i vivai nazionali è stato brillante. O no?Bisogna chiarirlo per l’ennesima volta: “Ci chiameremo Internazionale perché siamo fratelli del mondo”. L’Inter abbraccia, sposa e riflette le culture di tutto il mondo, senza alcuna distinzione e andando fiera di una sola razza: quella umana. Circostanza che rimanda in secondo piano qualsiasi inutile nazionalismo, spesso abusato nel nostro paese. Forse ciò che da fastidio dei nerazzurri è proprio questo, la scarsa voglia di conformarsi ai sistemi viziati. Ma noi siamo diversi, è ora che iniziate a farvene una ragione.