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Tastiera bollente, assedio dai social, post partita incandescente. Fantasmi che provano a scavalcare barriere finora ben disposte e provano, riuscendoci, a mettere le mani sulle poche certezze legate alla stagione dell'Inter. Analizzare un match a 360° non è mai semplice, figuriamoci quello di ieri sera. Novanta minuti incredibili, in cui è successo di tutto, che avrebbero preso sicuramente un'altra piega se Eder avesse spedito in rete quel pallone dopo pochi minuti o se Icardi avesse realizzato il rigore, ma che avrebbero soltanto ridimensionato, di poco, le responsabilità ormai evidenti di uno staff tecnico che per blasone, ingaggio e forze messe a disposizione ha il dovere di offrire ben altre prestazioni.
PIÙ BRUTTA CHE IN UN INCUBO - L'Inter di Mancini, salvo qualche sprazzo nel corso della stagione, non ha mai mostrato un bel calcio. Verità assoluta, sotto gli occhi di tutti. Vincendo nei mesi scorsi ha ben nascosto le evidenti lacune, soprattutto legate ad un centrocampo sì muscoloso, ma privo di idee e geometrie che dovrebbero provenire dai piedi dei giocatori e dalla mente di un allenatore decisamente più preoccupato di altri aspetti e convinto che muscoli e polmoni fossero gli unici ingredienti necessari per risalire la china dopo anni di esasperante mediocrità. Così non è stato, a lungo andare i margini di distacco con le prime della classe stanno emergendo in maniera assai evidente e tutto rischia di andare in frantumi. L'Inter aveva a disposizione tutti gli elementi per fare una buona partita contro un avversario assolutamente modesto, che in più occasioni ha offerto spazi assurdi nelle propria metà campo ed ha graziato la difesa nerazzurra. Ed è per questo che la sconfitta brucia ancora di più, per proporzioni di risultato e prestazione, gettando nello sconforto anche la parte più ottimista del tifo nerazzurro - ammesso che esista - che con amore prima del match aveva mostrato l'ennesima coreografia da applausi
DOV'È L'APLOMB? - Ha sbagliato Mancio, stavolta l'ha fatta grossa. Da che calcio è calcio insistere su un determinato schema di gioco, ovviamente basato sulle caratteristiche degli elementi a disposizione, ha sempre pagato. Basti guardare l'inversione di marcia della Juventus di Allegri, del Napoli di Sarri, come del Milan di Mihajlovic. Idee chiare, meccanismi da oliare con il duro lavoro che prima o poi porta i suoi frutti. La squadra mandata ieri in campo da Mancini ha rappresentato alla perfezione il caos che alberga tra le meningi del tecnico jesino, con giocatori fuori ruolo, dirottati a partita in corso da una parte all'altra del campo, incapaci di adattarsi all'ennesimo schieramento diverso da inizio stagione. Da un professionista serio ci si aspetta coerenza, caparbia e tranquillità da vero senechiano, in campo come nel post partita, perché certi discorsi valgono per tutti e certe pressioni vanno rette nel modo giusto. Bisogna cambiare registro, ripartire da capo, azzerare le tensioni e fare quadrato, per non gettare al vento il bottino di tutto rispetto ottenuto fino a questo momento. Sciupare l'ennesima occasione di riacciuffare la Champions sarebbe peccato mortale.
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