editoriale

SE LA VERGOGNA AVESSE UN LIMITE…

Un sistema esecrabile, cattive abitudini diffuse ed estirpate non più tardi di quattro anni fa, a cui troppi prezzolati e vedove incallite si aggrappano: la riabilitazione delle divinità perdute. L’ennesima farsa a cui il nostro sempre più...

Daniele Vitiello

Un sistema esecrabile, cattive abitudini diffuse ed estirpate non più tardi di quattro anni fa, a cui troppi prezzolati e vedove incallite si aggrappano: la riabilitazione delle divinità perdute. L’ennesima farsa a cui il nostro sempre più debilitato stomaco ha dovuto assistere riguarda la cosiddetta “madre di tutte le intercettazioni”, che avrebbe dovuto eclissare l’immagine dell’Inter e del suo compianto presidente Facchetti. In questo mercimonio di nefandezze, pensando di aver già assistito al peggio, abbiamo dovuto incassare anche la gogna mediatica rivolta alla luminosa bandiera nerazzurra, la cui memoria è stata vilipesa con un’operazione squallida per cui trovare un aggettivo appropriato risulterebbe operazione alquanto proibitiva. Nulla di nuovo: conferme di comportamenti biasimabili e deplorevoli che certi personaggi adottano per redimersi da peccati capitali. Non soddisfatti di aver contribuito fortemente all’inabissamento del calcio nostrano all’epoca dell'auspicato “così fan tutti”, il grande accusato Moggi e relativa combriccola di avvocati al seguito è riuscito nell’intento di manipolare anche una intercettazione che vedeva coinvolto l’allora presidente dell’Inter e il filantropo dell’epoca Bergamo. Risultato: l’ennesima, mera, figuraccia. È bastato l’ascolto dopo la pubblicazione ufficiale per smascherare quel “Metti dentro Collina”, con un “Ma metti dentro qualche...”, parole realmente pronunciate da Facchetti, verificabile da qualsiasi profano. Infatti anche un neofita in materia sarebbe riuscito a decapitare questo allucinante tentativo di farsa. Noncurante di ciò, il signor Bergamo, proteso come un kamikaze nel momento del sacrificio, ha ribadito la tesi della difesa di Moggi attribuendo al presidente Facchetti la richiesta esplicita di inserire Collina, per la serie, mai come in questa occasione appropriata "una figura barbina tira l’altra". La madre di tutte le intercettazioni? L’ennesimo tarocco. Giovedì mattina, particolare naturalmente trascurato dagli esimi colleghi indaffarati in ben altre questioni, la traballante ricostruzione ha vacillato, come logica conseguenza, anche dalle parole del redivivo ex dirigente bianconero: ” Non è influente se il nome di Collina lo ha fatto Bergamo o l'allora presidente dell'Inter”, a conferma della disperata strada difensiva intrapresa. Nulla di cui stupirsi, dopo essere venuti a conoscenza di colloqui per alterare le moviole, di griglie imposte o concordate benevolmente, di combriccole per far salvare questa o quella squadra, delle minacce a giocatori che non accettavano una determinata destinazione, dei colloqui e relative sceneggiate con giocatori sotto contratto invitati a simulare infortuni e a non svolgere interamente il proprio dovere con l'intento finale di facilitare il trasferimento in un’altra squadra. Certificazioni che pesano come macigni, tutti fatti ampiamente documentati dalle intercettazioni, quelle si, che hanno portato a procedimenti e sentenze che non potranno essere cancellate, piaccia o non piaccia. Se qualcuno intanto tra biscotti presunti ed eseguiti artatamente e revisionismo da “Repubblica delle Banane” ci possa finalmente illuminare sul capitolo oscuro delle famigerate schede svizzere, allora anche il nostro desiderio di imperterriti operatori della comunicazione potrebbe essere finalmente esaudito. Ma questa richiesta probabilmente lascerà spazio ai decrepiti tentativi di riabilitare i comportamenti che questo Paese si merita e di cui probabilmente non può fare a meno per ataviche malformazioni sociali. In nome del popolo sovrano…o tutti innocenti o tutti colpevoli. L’ultimo pensiero è dedicato obbligatoriamente a Gianfelice Facchetti, a cui va rivolta una solidarietà scontata, che supporti con fermezza e intransigenza la memoria dell’amato padre. Delicato e impervio il discorso concernente la provocazione relativa alla restituzione dello scudetto del 2006: capitolo che aprirebbe una serie di analisi e sfaccettature annesse di difficilissima risoluzione. Un’operazione catartica, problematica da accettare per chi ha assistito a spettacoli indegni come quelli del 1998, e in parte nel 2002. Per altri magari potrebbe rappresentare lo strappo per dissociarsi da quella pagina infausta che ha azzerato la storia calcistica di questi anni. Dedicato possibilmente ai soliti urlatori del momento, incapaci di riflettere e vergognarsi…