editoriale

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Avete presente l’immagine di quel gruppo di distinti signori giapponesi, schierati simbolicamente di fronte ad una intera nazione e costretti in un doloroso inchino? Avete presente il loro rammarico dipinto sul volto? Si tratta dei dirigenti...

Sabine Bertagna

Avete presente l'immagine di quel gruppo di distinti signori giapponesi, schierati simbolicamente di fronte ad una intera nazione e costretti in un doloroso inchino? Avete presente il loro rammarico dipinto sul volto? Si tratta dei dirigenti della Tepco, l'azienda che gestisce i reattori della centrale nucleare di Fukushima. Hanno sbagliato. In quell'immagine stanno chiedendo scusa per una tragedia che trascende ogni ragionevole comprensione. E non vivendo in Italia, statene certi, pagheranno per le loro colpe. Che cosa c'entra tutto questo con il calcio? Non lo so, provate a dirmelo voi. A partire da chi commette un gesto sicuramente non di stampo delittuoso ma pur sempre violento e che nonostante l'evidenza si aggrappa ad un ricorso (e guarda caso ottiene uno sconto di pena). Per passare attraverso chi ama gli sgambetti velenosi, facili da mascherare dietro alla foga agonistica, o ancora i tackle irruenti ma ovviamente senza la minima intenzione di fare male. Ci mancherebbe. Quando un giocatore precipitato a terra in area di rigore si rialza dichiarando che non era rigore lo guardiamo come fosse un alieno. Se vi aggrada possiamo parlare degli anni nei quali andavamo tutti allo stadio felici e contenti, sospettosi ma ignari delle grasse risate che condivano certe operazioni chirurgiche (cit.) dirette da entità misteriose, ora completamente riabilitate nella nostra società. E non ci dobbiamo stupire di nulla. Nemmeno della richiesta di restituzione di uno scudetto, nonostante gli illeciti sportivi di chi lo richiede siano stati ampiamente documentati da una infinita sequela di telefonate, che ricordiamo, per chi ama dare aria alla bocca, essere un mezzo di ricerca della prova previsto e disciplinato dall'art. 266 e seguenti del codice di procedura penale. Prove dunque, non teorie. Ma il processo che si trascina da anni immortala un'istantanea molto più complessa: la società si specchia tristemente nel calcio, regalandoci un deplorevole riflesso di immagine. In perfetto italian style. Da noi non si dimette mai nessuno. Da noi fa tremendamente tendenza aggrapparsi con tutte le forze al proprio cadreghino (che atto di coraggio sublime!). Glissare sui processi. Fare della facile demagogia. Difendere i propri fottuttissimi interessi. Da una parte e dall'altra. Da noi i signori giapponesi con i capelli bianchi non si inchinerebbero riconoscendo i propri errori, ma direbbero che tanto non sono gli unici a fare del male in questo mondo. Che faranno ricorso perchè al momento dell'accaduto la radioattività era lecita. Che queste notizie sono uno strumento falso e tendenzioso messo in giro dai giornali comunisti. Abbiamo un alibi per tutto. Dalla radioattività al calcio. Guardo quei signori e mi vergogno profondamente del paese in cui vivo. E' così difficile pronunciare quella parola? E' così tremendamente difficile?