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editoriale
Ha dell'incredibile, questo finale di campionato. Riavvolgiamo per un attimo il nastro e torniamo alla partita che fu fatale a Ranieri, quella contro i bianconeri, e alle incredibili ore che si susseguirono veloci e avvincenti come un romanzo a tinte gialle, dove le parole dicevano che Claudio sarebbe rimasto ma le facce, a scrutarle bene, lasciavano intendere tutt'altro. Il nome di Andrea Stramaccioni, fresco di vittoria europea con la Primavera, arrivò in serata. Un po' a sorpresa e un po' no. Ovviamente non vi dobbiamo ricordare come venne salutata la decisione del Presidente. Facile cambiare un allenatore in fila all'altro, ma quanti ne ha cambiati? e poi infine questa perla, che ho deciso di non dimenticare. A che cosa servirà cambiare allenatore se alla fine della stagione mancano ormai solo 9 partite. Già, ditemelo voi. A cosa è servito?
La prima sorpresa l'abbiamo di fatto avuta nello scoprire quanto Andrea Stramaccioni, formalizzata la richiesta d'incarico, avesse voglia di sedersi su quella panchina bollente. Gli chiedevano se avesse paura e puntuale la risposta fugava ogni dubbio. Uno che ama questa professione vibra dalla voglia di dimostrare le sue idee (le sue sono chiarissime), di mettersi in gioco e perché no (non è un corollario), di vincere. Era stato bravo con la Primavera e quel giocare a testa alta perché noi siamo l'Inter (molto diverso dal non accettare le sconfitte e forgiarsi di pregi che non ci sono) era proprio ciò di cui sentivamo il bisogno. Moratti può aver sbagliato e probabilmente gli succederà ancora. Ma su Strama ha fatto un piccolo capolavoro. Lo ha preso contro ogni regola del comune sentire e ci ha regalato un finale di stagione totalmente imprevisto. Ha visto in lui qualcosa che noi avevamo potuto solo intuire. All'inzio era entusiasmo, ora è convinzione prepotente. Stramaccioni deve restare. E' un imperativo.
Veniamo ai motivi. Veniamo al derby. L'Inter scesa in campo contro i rivali rossoneri ha qualcosa di straordinario per compattezza e aggressività. Anche nella preparazione di questa partita Andrea non ha trascurato i dettagli. Questo essere maniacali rimbomba di professionalità. Mai lasciare nulla al caso e se questo ha la meglio lo si combatte con tutte le proprie forze. E' bello Andrea che si lascia catturare dalla coreografia meneghina in apertura di derby (una storia srotolata a ricordare chi siamo, da dove veniamo e da qualche tempo a questa parte anche in quale direzione andiamo); la guarda con gli occhi di chi sa che sta facendo tutto per non deludere questo amore fatto di cori, sussulti e bandiere. L'emozione fa parte del calcio e vederlo combattere per controllare tutto questo è un'immagine tra le più belle di questa indimenticabile partita. Strama è diventato di casa con una sorprendente velocità. E questo (rompiamo per un attimo i suoi schemi di modestia) è quasi tutto merito suo.
Vi piacciono i numeri? 4-2 è un risultato che visto sulla carta elettrizza. Ma per fotografare questa partita bisogna ripercorrere 40 minuti di intensità molto maschia, di indifferenza nerazzurra verso i giochi scudetto (ma davvero pensavate? no dai, scherziamo?), di voglia di cacciare la preda e di annientarla. L'Inter è in perenne tensione verso la porta avversaria, sfida il fuorigioco e anche il gol fantasma. Lo fa in maniera caparbia e ordinata. Trova il gol meritatamente con il protagonista assoluto di questa seconda parte di stagione, Milito (che oltre a segnare sgomita, apre spazi, crea occasioni). Poi il caso si traveste da maledizione e Rizzoli indica il dischetto inventandosi una follia. Rigore per il Milan. Julio Cesar sfida Ibra e lo fa con una scenetta da Far West. Lo svedese non sbaglia. L'intervallo è poca roba per riprendersi da un pareggio ingiusto e infatti i nerazzurri non fanno in tempo a rientrare in campo che prendono il secondo. Il tabellone di San Siro toglie il risultato. Lo rimetterà quando l'Inter pareggerà i conti (dopo che Wesley avrà avuto l'ardire di tentare un gesto pazzesco, bellissimo e fondamentale per girare pagina), portando la squadra verso una vittoria dai contorni epici. No, aveva ragione Strama. In campo domenica sera non c'erano 20 punti di differenza. Il Milan ha faticato ad impostare un gioco, si è servito dei soliti falli, ma ha dovuto piegarsi alla superiorità limpida dell'Inter. Strama invece di difendersi ad un certo punto ha buttato in campo Pazzini, che è entrato con un atteggiamento a dir poco famelico (Strama lo ripeterà più volte in conferenza, abbiamo vinto grazie a come è entrato in campo Giampaolo). Finirà 4-2 con gli ultimi minuti a cercare disperatamente la quinta rete. Tutto questo con una stagione dalla quale l'Inter non può pretendere molto. Ma alla quale ha deciso di non soccombere.
Quindi dopo una maledetta sconfitta a Parma, l'Inter ha asfaltato l'altra squadra di Milano. E lo ha fatto giocando una gran partita di calcio, per chi tende a considerare la parte emozionale del calcio un inutile corollario. In corsa fino a quando i numeri non ci condanneranno alla inevitabile riflessione sul futuro prossimo, non vediamo l'ora di giocarcela anche con la Lazio. Le ultime 9 partite della stagione hanno rianimato le nostre intenzioni. Certo, non nasconderanno i problemi e non per nulla la parola che Andrea utilizza in conferenza è ricostruzione. Affiancata a progetto importante. Che messo giù così non ha nulla a che vedere con alcuni fantasiosi tentativi di cambiare il mondo del calcio. E' un sogno onesto e faticoso. Il sogno di qualcuno che ha cambiato la sua vita semplicemente scavalcando una siepe. E ha cambiato la nostra in maniera indiscutibile. Stramaccioni non si discute. E' da qui che si riparte. Da un finale di stagione che assomiglia in tutto e per tutto ad un inizio. Ferocemente promettente.
Twitter @SBertagna
#STRAMASTAY è un hashtag, una citazione, un desiderio prorompente dei tifosi nerazzurri. Citiamo Sorella Baderla e tutti quelli che per primi hanno avuto l'intuizione di lanciarlo su Twitter.
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