editoriale

Tiri Mancini

Sabine Bertagna

Bisogna costringersi a non guardare la classifica per non impazzire. Per quello che sarebbe potuto essere e che invece non è stato. Per pareggi come quelli contro Parma e Cesena. Perché con qualche risultato meno tragico all’attivo...

Bisogna costringersi a non guardare la classifica per non impazzire. Per quello che sarebbe potuto essere e che invece non è stato. Per pareggi come quelli contro Parma e Cesena. Perché con qualche risultato meno tragico all'attivo l'obiettivo sarebbe stato a portata. In un campionato dove le frenate sono improvvise e i sorpassi ben accetti. Inutile dilaniarsi con i rimpianti. Quando l'Inter ha smesso di avere un rapporto di timore reverenziale verso la classifica è riuscita a proporsi con una leggerezza più efficace. Concentrata sul bisogno di giocare bene, con un certo ritmo e con una certa cattiveria. Gli ingredienti messi in campo contro la Roma, insomma.

Il Meazza rappresenta le mura amiche solo sulla carta perché l'Inter in casa non vince dall'8 febbraio (Inter-Palermo 3.0). La Roma si presenta al Meazza con un'aria in fondo dimessa. Gli interpreti giallorossi sono di tutto rispetto, ma impensieriscono l'Inter a sprazzi e con poca convinzione. Dopo il vantaggio firmato Hernanes, Ibarbo prende un palo. Un piccolo segnale che anticiperà il risultato finale. L'Inter, dopo il pareggio di Nainggolan, proverà a vincere la partita con tutte le sue forze. Ci riuscirà e in maniera per nulla casuale.

Mancini abbozza due mosse in particolare, che si riveleranno vincenti. Conferma Hernanes (in evidente stato di grazia) e affida a Gnoukouri il ruolo di regista davanti alla difesa. Hernanes segna il gol del vantaggio, Gnoukouri risponde alla chiamata del Mancio con una prestazione priva di sbavature rilevanti. Intelligente e precisa. Sorprendente per personalità. Sul risultato del pareggio Mancini non si accontenta e rischia il tutto per tutto. Entrano Kovacic, Shaqiri e Podolski. A loro modo cambieranno la partita. Mateo con un passo strepitoso, disegnando geometrie pericolose e alzando il ritmo. Podolski confezionando l'assist per il gol del 2 a 1 e mandando Icardi (finalmente) a segno. Addirittura sfiorando il 3 a 1. Shaqiri combattendo sui palloni senza rancori inutili. L'Inter che finisce la partita ha in campo 5 attaccanti + Kovacic. L'elogio della sfrontatezza. 

I detrattori di Mancini avranno avuto un sussulto? Grande merito della vittoria nerazzurra di ieri va dato, infatti, a Roberto Mancini. Alla sua franchezza nell'esposizione degli intenti, spesso fraintesa e letta come presunzione. Il Mancio ha insistito. E' tornato sui suoi passi, ha ammesso responsabilità ed errori di valutazione con un'onestà intellettuale piuttosto rara. Ha continuato a lavorare. Convinto che prima o poi il piano avrebbe funzionato. Ieri sera è stato così. L'Inter non è stata perfetta ma ha giocato bene contro un avversario ostico. E più che per un presente con una classifica che fa rabbia, tutto questo fa ben sperare per un futuro abbastanza prossimo. Il potenziale c'è. Ragazzi giovani con margini di miglioramento indiscutibili. Un allenatore con le idee chiare. Che non ha paura di osare. Che non ha paura di vincere anche quando tutto sembrerebbe dire il contrario. Anche quando in pochi ci avrebbero scommesso. 

Twitter @SBertagna