editoriale

Un viaggio tra dichiarazioni e dati di fatto. Qualche incongruenza di troppo nelle parole del mister

Alessandro De Felice

Un viaggio tra lodi e mugugni, dichiarazioni e dati di fatto. Non un dossier che attribuisce meriti o colpe, né l’interruzione di fiducia nei confronti di un tecnico, che comunque sia lavora molto. E sodo.Solo un tuffo tra quelle che sono...

Un viaggio tra lodi e mugugni, dichiarazioni e dati di fatto. Non un dossier che attribuisce meriti o colpe, né l’interruzione di fiducia nei confronti di un tecnico, che comunque sia lavora molto. E sodo.Solo un tuffo tra quelle che sono state le esposizioni del mister finora, per comprendere quanto il suo pensiero sia vicino o lontano dal mio.

In memoria lo scintillante avvio di campionato, il calcio frizzante, la classifica sorridente. Il tripudio del calcio essenziale sbattuto sulle prime di tutti i quotidiani. Insieme a quella che, -all’epoca- sembrava la frase privilegiata del mister:

”questa è la squadra che mi segue di più da quando alleno”.

Su questa asserzione fa sosta il mio pensiero: ordunque, se bene ho capito, la nostra amata compagine si esprimeva al meglio e vinceva perché seguiva i suoi dettami. Giusto? Ad occhio e croce poteva significare solo questo.

Dopo sei mesi l’Inter arranca, la classifica torna a mostrare il proprio profilo peggiore ed il gioco frizzante come uno spritz prima dei pasti ha lasciato il posto ad una peperonata ferma tra stomaco e gola. Non sale e non scende. Eppure gli uomini sono gli stessi. Con Hernanes e D’Ambrosio a supporto.Come l’erba cattiva in riva al fiume, una riflessione sorge in me spontanea, decisa a guidarmi verso la madre di tutte le proporzioni:

Inter che segue : Inter che vince = Inter che non segue : Inter che perde.Ipotesi troppo maligna, non voglio prenderla in considerazione. D’altronde ci sono altre cose che non tornano, altre dichiarazioni slegate a quelli che poi sono i dati di fatto.

“Non criticherò mai un mio calciatore in presenza di telecamere”. Tratta dal libro: “il meglio deve ancora venire”. Insieme a Kovacic, aggiungerebbe qualcuno. Riadattata ad oggi, quell’affermazione troverebbe ragione d’esistere se così esposta: Non attaccherò mai un mio calciatore in presenza di telecamere. A meno che non si chiami Kovacic e commetta un errore contro la Juventus.

Che il mister sia infastidito dall’amore che il Meazza nutre verso Mateo?Altra malignità? No, questa volta no! E’ lo stesso Walter a fornirci l’assist da spingere in rete:“ci sono calciatori di cui un allenatore si innamora e altri che, invece, deve sopportare. Perché piacciono al pubblico, che magari rimane colpito da qualche giocata fine a se stessa.”  Che sia il caso di Kovacic?

L’Inter – per Mazzarri – si sta dimostrando una dura gatta da pelare. Una donna che scappa via quando  sembra di averla sedotta. Di quelle che accompagni sotto casa e poi… col piffero che ti invitano a salire. Forse per la prima volta in carriera, il mister ha la percezione di avere a che fare con qualcosa di più grande di lui. Potrebbe essere questo il motivo per cui, spesso, sembra essere colto dalla fibrillazione di chi deve stornare le critiche da se stesso. Il gioco espresso contro Livorno e Udinese è stato approssimativo, le dichiarazioni post partita altrettanto. Gioco, geometrie e occasioni sprecate, qualcuno le ha viste davvero? Sembrano frasi di circostanza. Sinceramente mi auguro che lo siano.

Tra i vari alibi che rimbalzano sui muri della sala conferenze, uno mi si è scaraventato addosso con particolare violenza:”ci manca Milito”. Anche a me manca, ma quello del 2010!Si pensi al povero Montella privato – dalla cattiva sorte – di Rossi e Gomez. Sia modello da seguire, esempio virtuoso e colmo d’audacia per spiriti privi di zelo. Nonostante le iatture succedute a ripetizione sulle incolpevoli vittime di una rosa falcidiata, non si è perso in umide afflizioni zampillanti da caritatevoli bulbi oculari. E volendo sottolineare un piccolo particolare, adesso il Principe gode di ottima salute, eppure sembra avvitato sulla panchina. Non si sposta di un centimetro.

Mazzarri non può ritenersi soddisfatto di quest’annata in nerazzurro, lo dice lui stesso e sempre tra le pagine della sua biografia:”ogni volta che sono arrivato in un club, non mi sono mai attenuto agli obiettivi di inizio anno. Ho sempre fatto qualcosa in più. Solo così ritengo di aver svolto un buon lavoro.” Risultati e punti alla mano, non sta andando oltre le aspettative.

Ci sono molte incongruenze tra le dichiarazioni del mister e i dati di fatto. Quasi irriconoscibile anche negli atteggiamenti: dov’è finito quel tecnico battagliero che faceva tremare il Vesuvio? Quello che svestiva la giacca anche a Febbraio per suonare la carica ai suoi? Milano sembra averlo imborghesito. Troppo composto in panchina e con la cravatta sempre in ordine. Salvo i casi in cui te lo ritrovi d’emblée con una bottiglia in bocca.

Ma c’è una virtù di Mazzarri di cui un tifoso non vorrebbe mai fare a meno: la dedizione al lavoro. Per il resto, mostrasse meno alibi e più responsabilità. Un gioco moderno adattato alle esigenze europee, più giovani di valore in campo, meno Kuzmanovic negli undici titolari. Un interista non può chiedere a Mazzarri maggior impegno, in questo caso l’asticella raggiunge già vette elevatissime. Ci si può auspicare più elasticità nella gestione del gruppo e delle risorse. Dalle esperienze si impara, lo farà anche Mazzarri. Spero.