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Strano ma vero, se guardiamo alla terribile stagione precedente scopriamo una cosa bizzarra: ossia che l’Inter ha fatto meno punti del passato campionato dopo 11 gare, sono esattamente 5 in difetto pur con una sconfitta in meno, ma la situazione, dall’esterno, sembra addirittura più positiva rispetto a un anno fa. Come mai? Innanzitutto l'incremento della forza autopercettiva del collettivo. Un gruppo che l'anno scorso era convinto ma non troppo delle proprie potenzialità e che ha sfruttato molte individualità (Cassano, Milito, Guarìn, Samuel) che hanno reso al massimo nel primo trimestre di campionato. Va detto poi che anche stranezze arbitrali e infortuni hanno contribuito a mettere in ginocchio l’Inter. Quest'anno invece c'è sempre la sensazione di pensare da squadra con un futuro da costruire poco alla volta, passo dopo passo, senza esaltarsi dopo vittorie come quella di ieri né abbattersi in seguito a beffe come quelle di Trieste e Torino.
Alla guida prima c’era Andrea Stramaccioni, allenatore di sicure capacità e ci-gli auguriamo radioso futuro, ma con zero esperienza alle spalle, soprattutto in fatto di gestione mentale del Biscione e rapporti singoli con alcuni giocatori. Cosa che poi gli si è puntualmente ritorta contro, finendo stritolato dalle spire del rettile impazzito.Ora c’è Walter Mazzarri. Un allenatore che fin dal primo giorno ad Appiano Gentile, ha messo l’Inter e il lavoro al centro del suo credo calcistico. Modi da sergente, niente proclami, pochi sorrisi e tanto sudore. Questa la ricetta da San Vincenzo per ricomporre la sgangherata armata Brancaleone finita dietro al Catania nello scorso campionato.
Da considerare poi, a vantaggio dell’Inter di oggi, di essere scevra da impegni infrasettimanali continentali, cosa molto green oriented, visto che permette un ingente risparmio energetico, e di conseguenza un minor logorìo fisico, che porta a una migliore focalizzazione mentale degli obiettivi da perseguire.
Lampante è il miglioramento della condizione e della preparazione atletica, che ha consentito di valorizzare al meglio alcuni giocatori, più tecnici di altri, il cui peso specifico è decuplicato proprio in virtù di un supporto fisico differente. Basti pensare a Ricky Alvarez e Jonathan, giocatori che l’anno scorso giocavano praticamente da fermi e solo quando avevano la palla tra i piedi, esponendosi vieppiù alle ire di un pubblico esasperato. Quest’anno, grazie a una condizione atletica nettamente migliorata, possono far valere al massimo le loro qualità tecniche, in grado di fare la differenza nel corso delle partite. Per non parlare di Juan Jesus, le cui potenzialità sono manifeste, che se avrà la propensione mentale e la fortuna di lavorare ancora sotto l’ala di Mazzarri potrà diventare davvero un top player a livello mondiale nel suo ruolo.
Psicologicamente l’Inter ora è più forte, dopo aver buttato via 6 punti contro Cagliari, Torino e Atalanta per non aver disposto di forza mentale per gestire il vantaggio da grande squadra, a Udine sembra finalmente aver recuperato due elementi decisivi della propria identità, che sembravano perduti: l’essere squadra per 90 minuti, cercando di fare sempre la partita e di fare sempre movimento senza palla e in secondo luogo l’intensità agonistica, ossia azzerare il vantaggio conseguito dopo 20 minuti, spingendosi sempre in avanti come se il gol fosse stato annullato. Da tempo non si vedeva un’Inter così aggressiva in fase di non possesso in grado di coprire tutti gli spazi e di soffocare le velleità avversarie. Alla faccia di chi, da contratto, ovviamente ora è obbligato a dire che l’Udinese è poca cosa, come già peraltro successo quando il Sassuolo venne spazzato via con 7 reti. Balle spaziali.
Se proprio dobbiamo cercare il pelo nell’uovo uno degli aspetti forse da migliorare è la capacità di addormentare la partita e abbassarne il contenuto agonistico, nei momenti in cui l’avversario tenta di reagire oltre a gestire meglio le fasi di superiorità numerica in fase offensiva.
Da non dimenticare poi che nel giacimento nerazzurro dimorano anche due risorse importanti che aspettano di essere massimizzate: Fredy Guarìn, che dà sempre la sensazione di poter spaccare il mondo salvo poi dimenticarsi il martello a casa, e Mateo Kovacic, talento di belle speranze il cui problema principale finora è stato quello degli infortuni e di un’identità tattica in fieri.
Ma la strada intrapresa sembra quella giusta, ora come ora sulla Carta d’identità nerazzurra appena rinnovata campeggiano la mascella volitiva, gli occhi di ghiaccio e la faccia da ranger incazzato di Walter Mazzarri e la sua politica dell'un passo alla volta. All’Inter ora serve questo, i tifosi lo sanno perfettamente e speriamo che ne sia conscio anche Erick Thohir, che sinora si è reso protagonista più di dichiarazioni da ospite comico al Letterman Show che di atteggiamenti da futuro uomo guida dell'Inter. Niente scherzi per favore.
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