editoriale

Zingarate

Sabine Bertagna

“Quando ho sentito che il Milan era interessato a me, mi sono emozionato” Bentornato a Milano, Ibra. Caso strano, ma negli ultimi tempi grandi giocatori che avevano felicemente interpretato lo spirito nerazzurro (diventando per un...

"Quando ho sentito che il Milan era interessato a me, mi sono emozionato" Bentornato a Milano, Ibra. Caso strano, ma negli ultimi tempi grandi giocatori che avevano felicemente interpretato lo spirito nerazzurro (diventando per un certo periodo dei simboli, non certo delle bandiere) e che avevano deciso di loro spontanea volontà di dire addio alla famiglia nerazzurra, una volta lontani da San Siro (e da Milano), hanno avuto più di un ripensamento. A partire da Ronaldo, passando per Vieri e finendo (chissà se finirà prima o poi questa processione) con Ibra. Caso strano, tutti questi giocatori sono stati fortemente voluti dalla dirigenza rossonera, dopo che avevano brillato nell'Inter. All'altra squadra di Milano piace molto stuzzicare i nerazzurri sul mercato, strepitando per le figurine più belle come dei bambini capricciosi. Con Ronaldo e Vieri non è andata esattamente come si immaginavano. L'Inter al contrario non ha mai dimostrato questo tipo di velleità. L'Internazionale disegna i suoi piani (e la storia delle sue vittorie) attraverso giocatori come Cambiasso, Sneijder, Zanetti. Gente che non andrà mai a giocare nell'altra squadra di Milano.

Succede che nomi come Ronaldo, Vieri e Ibra salutino l'Inter e volino a conquistare il mondo. O almeno ci provino. A nessuno di questi và esattamente come da programma. La dimensione è o troppo grande o troppo piccola. L'affetto non è neanche lontanamente comparabile. E Milano è una città che in generale i giocatori (e le loro mogli) amano moltissimo. Non è monumentale come Roma, ma al contrario della capitale una stella del calcio può permettersi ogni tanto una scappata in centro a vedere due vetrine. Sarà il mix tra passato e futuro, lo spirito meneghino, le sfilate più trendy, saranno tutte queste cose messe insieme, ma a Milano tornano tutti più che volentieri.

La prima cosa che questi ex-giocatori nerazzurri provano quindi a fare è abbastanza semplice. Tentano di tornare all'ovile. Ovviamente nulla di particolarmente ufficiale. Piccoli segnali lanciati attraverso i procuratori dando l'avvio ai mal di pancia al contrario. Anche Ibra nella precedente stagione lo ha fatto (e neanche troppo velatamente), ma Moratti non ha abboccato. Sarà anche buono e generoso il nostro Presidente, ma la memoria non lo inganna. Tutti quei messaggi che urlavano la sua voglia di vincere finalmente una Champions (e guarda caso Ibra, appena te ne sei andato l'abbiamo vinta), quei mal di pancia fastidiosi, l'insofferenza. Ma come si fa? A questo punto della storia entra in scena l'altra squadra di Milano con i suoi sogni impossibili. E l'innamorato ferito intravede la possibilità di ricominciare da zero, nella stessa città che ha amato. Con un valore aggiunto. Ferire a sua volta la squadra che non l'ha rivoluto in famiglia. Accettare l'unica maglia da non vestire. Sfidare chi ti ha portato rispetto. Fare una cosa che i guerrieri veri non farebbero mai. Nulla di più semplice. Solo gli stupidi non cambiano idea. Solo gli stupidi fingono di non ricordarsi quali sono e le rinnegano. Bentornato a Milano, Ibra.