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Quella di giocare in porta è stata una scelta. "Ho sempre fatto il portiere, uno nasce portiere" mi dice quando gli chiedo se sia vero che in porta ci finiscono quelli meno bravi a giocare sul resto del campo. Paolo Orlandoni, una carriera iniziata a 14 anni proprio nel settore giovanile dove da qualche anno è tornato per insegnare, non smette di sottolineare quanto gli piaccia il suo lavoro qui all'Inter. Già, perché come aveva scritto in una lettera di saluti e ringraziamenti nel 2012, l'Inter è la sua casa. "Farei fatica ad immaginarmi in un altro luogo". Sono parole semplici, che però ti colpiscono. Proprio in questi giorni altri giocatori fedelissimi hanno salutato la loro casa per un futuro diverso. In alcuni casi non più nerazzurro. Con Orlandoni abbiamo chiacchierato di tutto questo. Della difficoltà di dire addio, delle emozioni che ti rimangono dentro, dei giovani nerazzurri ai quali insegna a parare e che cerca di preparare nel migliori dei modi. Non solo a fare bene in campo e un giorno, forse, a diventare dei campioni, ma anche a godersi il privilegio di farlo in nerazzurro. Perché non tutti i posti sono uguali e questo per Paolo è sempre stato un posto speciale. Un posto al quale sentirsi irrimediabilmente legati.
Partirei dalla lettera che avevi scritto nel 2012 per ringraziare i tifosi e la società. E' una lettera che ci ha commosso. E' stato difficile salutare e smettere?
E' sempre un passaggio difficile, lo vediamo proprio in questi giorni con i quattro argentini che salutano. Sono sempre emozioni. La mia fine era meno importante, però personalmente era un momento particolare. Sapevo già il ruolo e la nuova avventura che sarei andato a fare. Abbandonare una cosa ed iniziarne subito un'altra. Normale che il contatto con la gente, con il campo da giocatore è tutta un'altra cosa. Mi sono sentito di ringraziare tutti perché sono sempre stato trattato benissimo dai compagni e dalla società. Anche dai tifosi, nonostante non fossi un giocatore sotto le luci della ribalta. il ruolo del terzo portiere è un ruolo particolare. A San Siro e in trasferta quando scendevo a riscaldarmi con gli altri la gente ha avuto sempre un coro o un saluto nei miei confronti. Era giusto ringraziarli tutti. E' stata una parte fondamentale della mia carriera.
Cos'ha di così speciale l'Inter?
La mia storia è iniziata da lontano. Sono arrivato qui a 14 anni perciò ho fatto anche tutto il percorso del settore giovanile. Per questo avevo uno spirito di appartenenza ancora maggiore. Esserci cresciuto, fare le mie esperienze e poi tornarci dopo anni e ripercorrere la strada che ti eri sognato da piccolo è un'emozione particolare. Per me l'Inter è sempre stata una famiglia. Ci sono rapporti veramente diversi da altre società. Ho ricevuto grandi insegnamenti quando ero nel settore giovanile e poi ho fatto pate della prima squadra con tanti risultati e momenti splendidi. Esserci tornato, esserci passato e continuare ad esserci...beh, farei fatica ad immaginarmi in un altro posto.
Questa stagione è stata la stagione degli addii. Si è chiusa un'epoca. Abbiamo salutato Zanetti, Cambiasso, Milito e Samuel. Come è stato per te? Riesci a pensare ad un'Inter senza di loro?
Zanetti penso sia un capitolo a parte. Nel suo caso subentrava anche l'età anche se non sembra perché lui è sempre uguale. A parte che con l'entusiasmo e con la voglia quotidiana che ha di allenarsi e di giocare avrebbe potuto ancora giocare. Giustamente è stato il capitano dell'Inter, ha giocato da protagonista in tutte le partite che ha fatto. Fare un ruolo meno importante o giocare meno non era la stessa cosa. E' giusto finire da grande campione, ricordato da grande campione. Da come si legge lui rimarrà ancora all'Inter, quindi sarà un proseguimento. Gli altri hanno ancora qualcosa da dare. Ognuno avrà i suoi percorsi. Mi dispiace perché ieri si è conclusa veramente un'era. Di grande Inter e di grandi ricordi. Perché alla fine si faceva riferimento sempre a quello che era stato vinto prima. Forse è proprio l'Inter del cambio pagina e del cambio generazionale. E' un cambio fisiologico e avviene in ogni squadra. Fa effetto salutare 4 campioni del triplete, per i tifosi e per chiunque. Sono sicuro che Cambiasso, Milito e Samuel troveranno facilmente delle sistemazioni degne del loro nome e degne ancora delle loro possibilità calcistiche perché sono ancora giocatori fondamentali e fortissimi. Superiori a giocatori più giovani visti nel campionato italiano quest'anno.
Torniamo al settore giovanile. Come sta procedendo la tua esperienza?
Questo è il mio secondo anno. Il mio sogno era quello di smettere di giocare e di fare l'allenatore dei portieri. Lo avevo dentro forse ancora mentre giocavo. E' quello che mi piace, è quello che voglio fare. Era giusto iniziare dal settore giovanile per imparare. Per poter sbagliare con più tranquillità, tra virgolette,perché allenare la Primavera è come allenare una squadra di grandi. E'un'esperienza che mi affascina. Ogni giorno lo scambio mentale con i portieri è stupendo. E' normale che uno aspiri ad andare sempre avanti. Spero che questo sia il mio punto di partenza per salire e andare avanti. Una tappa fondamentale di questo mio nuovo lavoro. Poter lavorare qua dove ero già stato da ragazzino e cercare di dare quello che mi è stato dato in questi anni a livello di esperienza e di professionalità mi rende orgoglioso e spero di poterlo fare nel migliore dei modi.
Quali sono le differenze sostanziali tra la preparazione che si fa in Primavera e quella tipica della prima squadra.
Le caratteristiche sono veramente similari. Ormai le primavere sono delle squadre costruite per poter dare degli innesti alla prima squadra all'occorrenza. La tappa finale di un percorso: dopo la primavera i ragazzi vanno a giocare in qualche squadra, i più forti in serie A, chi meno in altre categorie. Alleni dei piccoli uomini. I tempi sono cambiati. I 18 anni di adesso non sono più quelli di una volta. Ci troviamo a dover gestire dei ragazzi mentalmente pronti per la vita, per il mondo e per lo sport in questo caso. Si cerca, e non sempre si riesce purtroppo, di dare l'aiuto necessario per affrontare i nuovi percorsi che verranno nel migliore dei modi.
Che tipo di caratteristiche ha il gruppo di quest'anno. Un bilancio?
Ho avuto 4 portieri. Si sono alternati Luca Maniero e Ivica Ivusic. Penso abbiano fatto un buon campionato entrambi. Chi con delle caratteristiche chi con altre. Il prossimo anno penso che entrambi si misureranno con un campionato professionisitico. O in lega Pro o in serie B. E' un percorso naturale. Faranno il percorso che ha fatto Di Gennaro l'anno scorso. E' naturale che ci sia anche un po' di partecipazione emotiva, anche se non dovrebbe esserci. Vederli crescere, migliorare, sbagliare e vederli crescere psicologiacamente durante tutto il percorso è una bella cosa. Mi auguro per loro che possano intraprendere questo mestiere anche se è difficile e io glielo ripeto sempre. Li ringrazio. Non ho nominato gli altri due che sono un '94 Smug e un '95 Costa. E poi c'è Radu (Allievi). Per loro c'è ancora il tempo per giocare, per altri il tempo del settore giovanile è terminato.
Lo step più sensato per un portiere dopo la Primavera? Serie B o secondo portiere in una grande squadra?
In questo momento credo che questo problema non ci sarà. A questa età devono andare a giocare. Se trovano una Lega Pro che li vuole consiglio di giocare lì. L'anno prossimo c'è la Lega Pro unica che è un campionato di livello superiore. Non sarà facile trovare dei posti. Può essere che vengano segnalati per il campionato di serie B. Anche se lì secondo me dipende. A 19 anni è giusto andare a giocare, inseguire il proprio sogno e metterci qualcosa di proprio. Di Gennaro quest'anno ha avuto l'occasione e ha fatto benissimo al Cittadella. Ha trovato anche la continuità fisica che magari prima non riusciva ad avere. Ci siamo sentiti, sono contento per lui perché ha fatto un ottimo campionato. Il suo percorso è stato perfetto. La categoria di partenza doveva essere quella. Magari l'anno prossimo potrà trovare una serie A. Il passaggio deve essere quello. Purtroppo ai giorni nostri fenonemi non ne ho visti. O c'è la grande occasione di giocare come è successo a Scuffet a Udine, subentrando per l'infortunio del suo compagno. Però è stato casuale, l'occasione sarebbe magari arrivata tra un anno. Lui è stato bravo a sfruttarla.
Bardi? E' pronto per una grande squadra?
Bardi secondo me è un ottimo portiere. Ha il profilo giusto sia umano che tecnico per potersi affermare nella massima serie. Quest'anno purtroppo giocare in un campionato per la retrocessione non è stato semplice. Ha fatto secondo me bene poi ci sta compiere degli errori. E' più facile fare degli errori su 10 occasioni che subisci invece che su un paio. Potrebbe essere pronto per giocare in una squadra superiore a quella in cui ha giocato.
Ci fosse l'occasione gli consiglieresti di fare il secondo di Handanovic?
Come prospettiva, forse. Sarebbe sbagliato perché un portiere che ha fatto un campionato intero in serie A alla sua età nel pieno della maturazione deve giocare. Gli farebbe bene perché Handanovic è un grande portiere e imparerebbe molto. Potrebbe migliorare tantissimi aspetti del suo lavoro, della sua tecnica, dell'approccio che ha un grande portiere con la partita. L'età giusta per lui è quella di giocare.
Quali sono le caratteristiche fondamentali per un buon portiere? A che età si possono già intravedere?
Portieri si nasce. Lo vedi anche nei piccolini chi sa fare il portiere. Sono caratteristiche diverse: sapersi tuffare, la coordinazione, l'intuizione. Ti identificano subito un bambino portato a fare quello. Sicuramente non gli piace correre, le caratteristiche di gesto sono completamente diverse dal giocatore. E' un'altra cosa. Chi fa il portiere è perché ha piacere di fare quello.
Tu hai sempre giocato in quel ruolo?
Sì, io ho sempre fatto il portiere.
I tuoi riferimenti?
Sono arrivato al settore giovanile che in prima squadra c'era Zenga. Uno non può che non crescere con insegnamenti validi con uno come lui come esempio. Uno spettacolo vedere Zenga. Ho avuto Castellini come allenatore in quel periodo. Per il cerchio della vita è ancora qua nel settore giovanile. E' un punto di riferimento e di confronto per la mia crescita. Ho avuto la fortuna di stare insieme a tanti portieri qui all'Inter. Toldo che per me è più che un amico, abbiamo condiviso un sacco di cose. Julio Cesar che ha rappresentato il portiere migliore negli ultimi anni. E poi Peruzzi che per me era il migliore di tutti.
"Così tra una presa e un tuffo potrò raccontare a loro che vivere nerazzurro è un privilegio". Cito ancora una volta la tua lettera. Ci stai riuscendo a trasmettere questo messaggio ai giovani che alleni?
Vorrei riuscirci meglio, se devo essere sincero. E' proprio una questione generazionale. Delle volte mi incavolo anche. Vedi meno passione, meno fame, meno voglia. Non si rendono conto i giovani della fortuna di stare in un settore giovanile come questo e di avere la possibilità in futuro di fare questo lavoro. Di lavoro si tratta, se uno lo capisce. Tutti gli sforzi che uno fa, capisco che c'è la scuola, ci sono problemi. Ma l'hanno fatto tutti. Una volta avevi solo quello come sogno. Adesso il mondo va a 2.000 all'ora e anche i giovani hanno una testa che gira ad un'altra velocità. Bisognerebbe tornare secondo me a certi valori, a certi sogni, ad una certa determinazione nell'inseguire le cose. Più coraggio e più carattere. Secondo me avrebbero una vita più facile a livello sportivo. Capire l'appartenenza ad una società e al gruppo li potrebbe aiutare di più.
Ci salutiamo velocemente, Paolo deve correre ad allenare i suoi ragazzi. Ed è proprio come ci ha raccontato. E' una cosa che adora fare. Glielo leggi semplicemente negli occhi.
RINGRAZIAMO PER LA DISPONIBILITA' PAOLO ORLANDONI, ROBERTO SAMADEN E IL SETTORE GIOVANILE DELL'INTER
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