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ESCLUSIVA Ornstein (BBC): “ET? Pro e contro. Stadio vitale ma il rischio Wigan…”

Alessandro De Felice

Al Wyscout Forum di Londra, svoltosi all’Emirates Stadium di Londra, i microfoni di FCINTER1908.IT hanno intercettato il giornalista sportivo David Ornstein, dell’emittente inglese BBC che si occupa primariamente di Arsenal. Con lui abbiamo...

Al Wyscout Forum di Londra, svoltosi all’Emirates Stadium di Londra, i microfoni di FCINTER1908.IT hanno intercettato il giornalista sportivo David Ornstein, dell’emittente inglese BBC che si occupa primariamente di Arsenal. Con lui abbiamo intavolato una interessantissima chiacchierata sul momento del calcio italiano, su quello del calcio inglese, modello virtuoso da seguire, e sui cambiamenti societari ai vertici dei grandi club. Infine abbiamo concluso con un focus sugli intrecci di mercato possibili tra Inter e Arsenal.

Ciao David, iniziamo parlando delle difficoltà del calcio italiano, in calo quanto a spettacolo e gradimento popolare. Quali secondo te le ragioni di questo fenomeno?

«Ciao Lorenzo. Mi sorprende e mi dispiace allo stesso tempo vedere la Serie A che, come tu mi confermi, sta perdendo appeal. Credo che sia soprattutto un problema di attori sul palcoscenico. Se non vengono grandi calciatori è difficile che la gente vada in massa allo stadio e lo spettacolo di alto livello. Poi, ovviamente i soldi senza i quali tutto è più difficile».

A proposito di soldi, come tu ben saprai l’Inter ha di recente cambiato presidente, da Massimo Moratti siamo passati a Erick Thohir, un cambiamento non solo di soggetto ma anche di archetipo presidenziale: da un presidente tifoso italiano a un businessman straniero. In Premier è un fenomeno largamente diffuso quello dei tycoon extra-britannici a capo di società prestigiose. Come valuti il fenomeno e che rischi ci sono in tale processo?

«Sì sono al corrente del cambio alla presidenza dell’Inter. Guarda, riguardo all’arrivo di un proprietario straniero ci sono come in ogni cosa dei pro e dei contro. Comincio dai rischi, i maggiori sono innanzitutto che colui che arriva al club non ha legami precedenti con la società, non ha affinità né particolare amore verso la storia del club. Può capitare ovviamente che ci sia il milionario straniero che ami il club che va ad acquistare, ma nel caso dell’Inter non mi sembra che Thohir abbia un passato da tifoso di curva nerazzurro. Quindi sono dei businessman, vogliono fare soldi, ma il legame con i tifosi è giocoforza debole e se sfortunatamente le cose dovessero mettersi male a livello di risultati la situazione nei confronti del proprietario sarebbe di difficile gestione. Può una persona che non è “dentro” al cuore dei tifosi sapere cosa loro vogliono, può gestire una politica di ticketing adeguata, venire incontro alle loro esigenze o desideri? Probabilmente no, vogliono fare soldi e avere una squadra che vinca».

Per quanto riguarda gli aspetti positivi invece?

«Ovviamente il fatto di pompare soldi nella società fa scordare presto ai tifosi le mancanze di cui sopra. È molto difficile vedere imprenditori britannici o italiani versare una quantità di denaro nelle società di calcio pari a quelle di investitori asiatici, russi, americani ecc".

Cosa però che non è ancora avvenuta all’Inter, dove è vero che Thohir ha rilevato la società indebitata ma a livello di colpi di mercato la sua impronta ancora non c’è…

«Questo è un problema perché era uno degli aspetti positivi di questi cambi al vertice. Il tifoso pensa “Questo non è interista e non ama l’Inter come noi, no conosce la storia del club, ma almeno mette un sacco di soldi”  e a lui va bene. Ma se non mette nemmeno i soldi la situazione diventa difficile perché il tifoso si chiede il motivo per il quale ha comprato la società. Cosa c’è dietro? Vuole solo cancellare i debiti ed eventualmente fare profitto?»

Quindi la questione che ponevi prima come aspetto negativo si ingrandisce…

«Sì, assolutamente. Però ti preciso che sono solo un osservatore esterno. Non conosco questa situazione in modo dettagliato, parlo in generale».

Però se investisse…

«Sarebbe ottimo non solo a livello di parco giocatori ma anche rispetto a ciò che io e te stiamo vedendo qui oggi: stadio nuovo, migliorie, servizi, campi di allenamento nuovi oltre a giocatori forti. Ti faccio l’esempio del Chelsea: Roman Abramovich ha preso una squadra che era in ginocchio nel 2002, ha ripianato i debiti, preso grandi giocatori e vinto trofei. Molti si chiedevano “Ma se Abramovich si stufa e se ne va lascia il club in grandi difficoltà”. È un altro aspetto da considerare, ma il club deve sfruttare il gettito di denaro che spesso questi tycoon mettono in gioco per rilanciarsi e raggiungere un punto di equilibrio e stabilità indipendentemente dal proprietario attuale».

Diciamo quindi che l’investitore straniero va considerato come una sorta di nocchiero presidenziale che porta il club da una riva all’altra dello Stige e consente di ripartire diciamo da zero senza lasciarti con gravi problemi?

«Esattamente Lorenzo, una sorta di ponte che riassesti la società in modo che non vada a picco ma può essere anche di più. Abramovich da molti fu bollato come una brutta cosa per il calcio inglese, mentre per i tifosi del Chelsea è un eroe».

In Premier ci sono parecchi esempi in tal senso… 

«Manchester City è un altro esempio, con investitori da Abu Dhabi che all’inizio hanno avuto diverse difficoltà ma hanno vinto. Poi hanno costruito un nuovo stadio, un nuovo campo di allenamento e strutture per le squadre giovanili, in modo da venire incontro alle esigenze del FPF che vuole che le società investano nel settore giovanile».

Non tutto oro però in Premier, ci sono anche esempi negativi…

«Giustissimo. Ad esempio il Portsmouth è stato acquistato da investitori stranieri che però hanno avuto enormi problemi e la società è finita di mano in mano scadendo progressivamente perché poi tutta la società ne risente, ovviamente anche la parte che poi va in campo e deve dare risultati. Il Qpr è un altro esempio come il Cardiff City dove il magnate asiatico Vincent Tan ha cambiato addirittura la maglia della squadra passando dal blu al rosso».

Tu prima hai menzionato l’Emirates Stadium stadio bellissimo e nuovo dell’Arsenal. Hai toccato un punto cruciale di grande attualità a Milano: quanto è importante uno stadio di proprietà per un club? 

«Non conosco bene come vi regolate voi ora con gli stadi in Italia…»

Affitti dal Comune, molto semplice e molto costosi senza possibilità di gestire il tutto

«So che la Juventus lo ha fatto e penso che ne abbia enormemente beneficiato. Parlando da una prospettiva britannica ti posso dire che la costruzione di un nuovo stadio è un enorme plus. Ovviamente devi avere le possibilità economiche altrimenti sarebbe un suicidio. Un altro aspetto da considerare è capire il flusso di presenze per poterlo riempire costantemente. Ti faccio un esempio, il Wigan Athletic ha costruito uno stadio nuovissimo ma spesso presenta ampo spazi vuoti. L’Emirates rappresenta una grande storia di successo e di crescita, si è passati dai 38mila di Highbury (il vecchio stadio dei Gunners, ndr) ai 60mila dell’Emirates. Sono stati fatti mutui e debiti per la costruzione ma in fretta ripianati e ti sei costruito una base enorme per la tua stabilità economica. È un gioiello: 60mila posti che vengono pressoché riempiti ogni volta che l’Arsenal gioca in casa, corporate hospitality, vip hospitaility, visuale perfetta, nessuna pista da atletica come accadeva in alcuni stadi. La Juventus sicuramente beneficia della vicinanza dei tifosi nel nuovo stadio, l’hospitality che funzione permette al club di acquisire un grande introito commerciale, in modo che per le famiglie diventi un posto spendibile e divertente: ristoranti, zone gioco per i bambini, negozi, bar.

Molti stadi in Italia forse non sono posti attraenti in cui passare le domeniche. Da noi l’esempio dell’Arsenal verrà seguito da altri: il Chelsea lo sta progettando, il QPR anche, il Southampton ne ha costruito uno nuovo, il Manchester City ne ha uno relativamente nuovo costruito in occasione dei Commonwealth Games, il Liverpool sta rimodernando Anfield, l’Everton vuole farne uno nuovo,  ogni società inglese ha un nuovo stadio o pensa di farne uno.

Anche per quanto riguarda la sicurezza, in Inghilterra c’è stato un miglioramento. In Italia molti impianti sono ritenuti non sicuri. Avere un nuovo stadio permette un miglioramento decisivo per le emittenti e per i tifosi, per questi ultimi un posto sicuro dove possono divertirsi, mangiare buon cibo, bere, parlare e vedere bene lo spettacolo per cui hanno pagato. Per le tv ci sono postazioni fantastiche che consentono copertura e inquadrature perfette, le infrastrutture per i media sono eccellenti, così da farne un prodotto altamente vendibile in patria ma soprattutto all’estero. Ecco perché la Premier è diventata così importante".