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Il profumo si avverte intenso, riconoscibile a chi è abituato ciclicamente a fare i conti con l'attesa, la velata sofferenza. E' il derby che arriva e catalizza pensieri, attenzioni, dubbi, speranze. Soprattutto ora, che Milano è lassù, a giocarsi la vetta e il tricolore. Siamo a febbraio, ma tutto lascia pensare che domani pomeriggio Inter e Milan a San Siro si giochino una fetta importante di scudetto. Vincere, per i nerazzurri, vorrebbe dire tagliare fuori, forse definitivamente, i rossoneri dalla lotta al titolo. FCInter1908 ne ha parlato con Franco Vanni, giornalista di Repubblica e vicino alle vicende di casa Inter. Doveroso partire, però, dal suo nuovo libro "Il calcio ha perso", scritto a quattro mani con Matteo Spaziante, un viaggio nelle storture del movimento calcistico.
Ciao Franco. Il tuo ultimo libro, scritto a quattro mani con Matteo Spaziante, ha un titolo molto forte: "Il Calcio ha perso". Ci spieghi il perché di un giudizio così netto?
Il calcio, pur essendo lo sport più popolare del mondo, già prima della pandemia si è ritrovato in una terribile crisi economica, prova del fatto che in questi anni è stato mal gestito. Ha perso la gara d'andata, speriamo possa vincere quella di ritorno. Abbiamo scritto questo libro non per fare una critica vuota, ma per analizzare i problemi del calcio e proporre delle possibili soluzioni, facendocele illustrare da chi nel calcio ci lavora e ci lavorerà.
La pandemia è stata l'unica causa di questa 'sconfitta' oppure ha semplicemente accelerato un processo reversibile ma inesorabile?
Esatto. La pandemia è stata un acceleratore di una situazione già ampiamente definita. Il calcio, nel suo complesso, spende molto più di quello che incassa. Un'industria così complessa non può campare a lungo in questa situazione. Questo perché il calcio stesso si è dimostrato incapace di contenere gli stipendi milionari dei calciatori e i compensi ai procuratori, temendo la fuga dei campioni, rincorrendo l'aumento dei ricavi. La verità è che questo meccanismo non ha funzionato: finché il calcio non troverà strumenti per contenere la spesa, i conti non torneranno mai. Non si può pensare di aggiungere sempre partite e tornei. Il tempo è una risorsa esauribile: non si può pretendere che un club giochi ogni due giorni, considerando anche gli impegni delle nazionali. Bisogna trovare il modo di pagare di meno i calciatori e i loro procuratori.
Una volta che avremo superato l'emergenza pandemica, che prospettive si aprono per il calcio? C'è la reale possibilità di vivere un futuro maggiormente sostenibile?
Ci sono dei segnali positivi: la FIFA ha annunciato che dal prossimo luglio ci saranno delle norme per contenere i compensi per i procuratori. E, sempre dal prossimo luglio, ci sarà un nuovo sistema per regolari i prestiti, per di solito servono solo a mascherare pagamenti dilazionati e che permettono ai club più ricchi di fare incetta di giocatori, parcheggiando dei giocatori che in questo modo indirizzano male anche la loro carriera. Poi, c'è un terzo punto importante: la UEFA ad aprile comunicherà i principi guida del nuovo Fair Play Finanziario che, si spera, sarà più efficiente e che, gradualmente, potrebbe entrare in vigore già dal gennaio del 2023. Il calcio ha avuto bisogno della pandemia per dare la scossa a un sistema che andava riformato da tempo.
Il vostro è anche un atto d'accusa verso chi ha riservato poco spazio alle esigenze dei tifosi, visti come bancomat più che vero fulcro del calcio?
Esatto. Molti dei soldi che entrano nel sistema calcio arrivano dai tifosi, direttamente e indirettamente. Sono loro che mantengono l'intera baracca: abbonamenti tv, biglietti da stadio sempre più costosi, comprano prodotti del merchandising dei club, comprano prodotti che hanno visto pubblicizzare dai loro idoli. Il tifoso mantiene l'intero carrozzone. Al tempo stesso, però, mentre prima i tifosi potevano, per esempio, entrare nei centri d'allenamento per chiedere autografi, oggi sono tenuti a distanza dalla vita vera del pallone. Vedo bambini che, mano nella mano con i loro padri, cercano di indovinare i giocatori presenti nel pullman, dato che ci sono i vetri oscurati: una scena tristissima. Questa, simbolicamente, è un'immagine di quanto il tifoso da una parte sia sempre più spremuto economicamente, dall'altro sia tenuto sempre più a distanza. Questo calcio non è 'simpatico', per usare un'espressione cara a Massimo Moratti. E' un calcio che deve ritrovare la sua anima. Se non popolare, quantomeno genuina.
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