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Dal sito di Eurosport il celebre giornalista Roberto Beccantini analizza l'imminente derby di domenica: «È un derby strano che nasce all'ombra di una classifica così poco bauscia. Non ricordo un appello ai tifosi perché non disertino San Siro. Inter e Milan vi si accostano con lo status di (ex) grandi squadre che le necessità di bilancio hanno normalizzato: Moratti, a rate; Berlusconi, in un colpo. Tra l'Inter, terza, e il Milan, undicesimo, ballano cinque punti. I cantieri sono ancora aperti e l'Europa ha agitato la vigilia. La vittoria di San Pietroburgo ha ribadito quanto, oggi, El Shaarawy abbia il piede caldo. Non è la prima volta che il Milan comincia alla grande: i primi dieci minuti a Udine, i primi venti di mercoledì. Sono tracce che tali non devono restare. Con lo Zenit, il Milan è stato fortunato (due autogol) e Abbiati il migliore in campo per chilometri nonostante l'uscita sbagliata sul due a due. L'Inter ha perso Sneijder e aspetta sempre Palacio. La trasferta in Azerbaijan è stata faticosa ma dolce. Stramaccioni l'ha gestita in funzione derby, dal sistema di gioco al turnover. Gol freschi, gol giovani: Coutinho, 20 anni, Obi, 21, Livaja, 19. Buon segno. I nerazzurri hanno ritrovato gamba e fiducia; fatte le debite proporzioni, di impiego e di ruolo, Coutinho sta all'Inter come El Shaarawy al Milan. Il brasiliano aveva già «aperto» la Fiorentina. Appena può, la squadra pratica transizioni fulminanti: dipende dall'avversario che trova, e dallo spazio che le lascia. Non mi attendo un derby scintillante, a meno che un episodio non lo accenda. Al Milan non dispiace fare la prima mossa (Udine, San Pietroburgo). L'Inter non ha di queste fregole: con la Fiorentina ha dato il meglio di sé giocando di rimessa, dopo il rigore di Milito. I centrocampi sono gonfi di mediani, come orchestre senza direttori. Inutile avventurarsi in archivio: fra traditi e traditori, troveremmo troppi motivi per essere malinconici. Sulla carta, più Inter che Milan. Anche se in queste circostanze, spesso, gli indizi conducono al pareggio: come male minore, come sintesi di limiti manifesti, come simbolo di uno scorcio non proprio felice, come cerotto sull'orgoglio ferito».
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