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Fabrizio Bocca, giornalista di Repubblica, analizza così dal suo blog l'ormai quasi certo passaggio di Samuel Eto'o all'Anzhi.
"Come tutti, alle prime voci che arrivavano dalla lontana repubblica russa non volevo credere, mi sembrava impossibile. Ma poi ci ho riflettutto un po’ più a fondo, per rendermi conto che alla base di un affare come questo (comunque molto conveniente per l’Inter a parte che riesca a tappare l’enorme buco che si viene a creare) non può esserci la follia pura [...]. Io penso infatti che la geografia del pallone stia rapidamente mutando, e che sia necessario anche smetterla di giudicare l’arrivo dei nuovi ricchi nel calcio – siano arabi, russi o indiani – come un fatto di colore e di costume, un tocco di pittoresco nel grande football del Real e del Barcellona, dell’Inter e del Manchester Utd, del Milan e del Chelsea, del Bayern e dell’Arsenal. No, semplicemente ci sono aree del mondo e grandi investitori che risentendo meno della crisi, hanno soldi da mettere in un business che non solo restituisce altri denari, ma ripaga soprattutto in notorietà e affermazione internazionale, aspetti certo di non secondaria importanza".
Una nuova frontiera del football - "Non credo dunque che Eto’o vada a godersi una ricchissima pensione, ma che molto più coraggiosamente vada ad aprire una nuova frontiera del football. Lo farà facendosi coprire d’oro da Suleyman Kerimov, l’oligarca che gode di tutto l’appoggio – finanziario e non – del presidente del Daghestan Magomedsalam Magomedov, certo, ma questo è il bello di essere una grande star dello sport. Il rischio nella sostanza non esiste, se si fallisce sportivamente comunque si sarà ben ripagati nel portafoglio. Vista dall’altra parte, e cioè da quella dell’Anzhi, entrare nel calcio per il Daghestan può essere un biglietto da visita importantissimo: solitamente da quelle zone abbiamo soltanto notizie di guerra. Il calcio in questo caso diventa uno strumento politico, ed Eto’o come Zirkhov o Roberto Carlos diventano delle eccellenti pedine. [ ... ] Da oggi tutti ci interesseremo di più a quel puntino sulla carta geografica, fuori fino ad ora da qualsiasi mappa sportiva. Ed Eto’o probabilmente farà da grande richiamo, convincendo anche molti altri campioni a fare lo stesso salto in avanti. Quello di Eto’o non sarà dunque solo un salto nel buio e un autopensionamento in un mare di milioni di euro: questa secondo me è una visione semplicistica e sostanzialmente irreale. L’apertura di nuove frontiere del calcio è sempre rischiosa ed avventurosa. Il calcio negli Usa ad esempio non è mai decollato, eppure la storia dei Los Angeles Galaxy, con Beckham & C., sembrava poter cambiare la geografia consolidata del calcio internazionale. Ma non tutte le nuove avventure falliscono, anzi".
L'Anzhi come il City? - "Appena due anni e mezzo fa (gennaio 2009) in extremis saltò l’affare Kakà-Milan-Manchester City. Il City appariva a tutti come una squadra di secondo, se non terzo piano in Europa, e il fatto che Kakà potesse andare a giocare nella “seconda” squadra di Manchester appariva al mondo e soprattutto all’Italia come un’assurdità. Il Milan, date anche le pressioni, dovette rinunciare a quasi 120 milioni e aumentare il contratto a Kakà. Il no di Kakà (poi ceduto pochi mesi dopo al Real) e del Milan non ha impedito comunque al City, degli arabi di Abu Dhabi, di diventare in due anni un grande club di primo piano, che ha già cominciato a vincere, e dove i grandi giocatori stanno ormai affluendo attratti certamente dai soldi ma anche dalle buone e interessanti prospettive di vittorie e di fama. Ormai al City non si sentono certo ai margini del grande calcio, anzi. Siamo così sicuri che fra tre, quattro o cinque anni anche qualcuna di queste realtà che adesso ci appaiono così lontane – come l’Anzhi - non diventino il City oggi? E siamo sicuri che prima o poi non comincino a vincere al posto delle solite note?".
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