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La Gazzetta dello Sport, oggi in edicola, cerca di far conoscere ai tifosi nerazzurri e non, il nuovo acquisto dell’Inter, Medel. Il nome di battesimo, per esempio, deriva dal fatto che la mamma fosse una fans di Gary Cooper e quindi da lì Gary Medel. Poi il suo soprannome Pitbull, per il fatto che Medel è il classico giocatore che morde ma in modo leale. Da bambino tifava Colo Colo e il suo idolo era il portiere Moron di cui aveva la maglia, poi lo prese l’Universidad Catolica e la maglia finì nella cuccia del cane. L’aggressività però ha da subito contraddistinto la sua carriera da quando cioè all’età di 8 anni si confrontava già con i ragazzini di 14. Un suo tecnico delle giovanili in passato disse: “Avete presente Rocky Balboa? Ecco, lui era così, sempre con gli occhi della tigre”. Medel si faceva ogni giorno due ore di bus all’andata e due al ritorno, non faticò a mangiarsi tutti, avversari e carriera. Un giorno andò anche in porta a gara in corso e parò il rigore decisivo nella finale di un torneo. Insomma il classico giocatore che ci metterà poco a diventare un leader per i tifosi. La carriera dio Medel, sino a oggi, sembra un romanzo; In semifinale del Mondiale U20 nel 2007 a Toronto contro l’Argentina becca un rosso dopo 15’ (dubbio calcio a un avversario a terra), il Cile perde 3-0 e a fine gara è rissa nel parcheggio tra i calciatori della Roja e gli agenti: storia mai confermata, ma dicono che Medel si sia beccato una scarica di taser alla schiena. Le cronache riportano pure: arresto per guida in stato di ebbrezza (2007), violenza domestica (2008), un suicidio dal balcone del suo appartamento durante una festa (2009, l’inchiesta ha escluso ogni responsabilità del calciatore), rissa in un night (2011), minacce a un tassista e fuga dal ritiro della nazionale (2012). A 22 anni, di notte, perse il controllo dell’auto, il mezzo volò due volte in aria e Gary fu sputato fuori dal parabrezza: un mese prima gli avevano ritirato la patente, se la cavò con una lesione e le frasi alla Chuck Norris in rete. Tipo che era morto ma la morte non aveva gli attributi per dirglielo. Cartellini? 31 gialli e 2 rossi in Spagna («Ma lì basta che respiri e ti ammoniscono»), in Premier l’anno scorso solo 6: «Sto maturando, so che devo reagire meno». In tutto ciò, giusto ricordarlo, Medel è fior di calciatore: i mille palloni che recupera li passa bene, si propone, non sta mai fermo, conosce il gioco, è un leader, nonostante l’1.70 è fior di colpitore di testa e soprattutto è duttile. Nella Roja recente Sanpaoli se l’è inventato difensore, lui ha iniziato terzino in Cile, ha proseguito da esterno largo al Boca e s’è stabilizzato da mediano in Europa. Ah, il soprannome gli piace un sacco. Un giorno gli chiesero come mai non piangesse durante l’inno: «Altrimenti direbbero che sono un pitbull gay», rispose.
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