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L'idiosincrasia di Lippi nei confronti dell'Inter è un dato ormai palesemente appurato. L'esperienza nerazzurra (dal luglio 1999 al 3 ottobre 2000) dell'attuale tecnico della Nazionale ha immancabilmente lasciato strascichi e retaggi negativi. Anche dopo l'impresa dello “Stamford Bridge”, il tecnico viareggino ha tenuto a puntualizzare e ribadire la propria “simpatia” per la sua ex squadra: “Noi continuiamo a giudicare l'Inter, che è una grandissima squadra, ma non si può parlare di calcio italiano. Perchè non c'è neanche un italiano. Il calcio italiano è composto da calciatori italiani, da allenatori italiani. L'Inter è una grandissima squadra, ma con lei non si può giudicare il calcio italiano. Si giudica con le squadre italiane in cui militano tanti calciatori italiani bravi e tantissimi allenatori italiani molto bravi”.
A questo punto, considerando gli immancabili autogol che il calcio nostrano continua puntualmente a sfornare, si può tranquillamente sostenere che anche in questa occasione l'unita di intenti e vedute è catalogabile nella sezione "pura utopia": c'è chi apprezza la cavalcata nerazzurra (il presidente della Figc Abete), affinchè possa portare quei preziosi punti necessari per migliorare il coefficiente europeo e respingere l'attacco, massiccio, portato dalle squadre tedesche (una in Champions League e due in Europa League), e chi , invece, come il commissario tecnico non considera di estrazione meramente nazionale l'unica rappresentante del "Belpaese" rimasta nel lotto a rappresentare un calcio sull'orlo di una crisi di nervi... contraddizioni intestine.
A margine di ciò poi, viste le cicliche reminiscenze del tecnico campione del mondo uscente, gli si dovrebbe ricordare che il lauto contratto elargitogli dal generoso portafoglio del dottor Moratti nell'imbarazzante esperienza inscenata in nerazzurro era profondamente italiano, a differenza del disastro che il suddetto ha, univocamente, contribuito ad alimentare: un'Inter 2000/2001, vera e propria torre di Babele, figlia di perverse convinzioni. Come dimenticare “fuoriclasse” del calibro di Domoraud, Farinos, Vampeta, Hakan Sukur, Robbie Keane (tanto per non scomodare veri e propri desaparecidos come Pacheco e Paralta e altre discutibili innesti rivelatisi disastrosi): ferite difficilmente rimarginabili e incubi atavici a smuovere il disperato inconscio del tifoso nerazzurro...poi fortunatamente rimossi. Un coacervo di mediocrità avvallato dal paladino occasionale del sentimento nazional-popolare. L'internazionale Football Club, caro signor Lippi, è italiana nell'anima, come italianissimi sono la proprietà, i dirigenti ed i milioni di appassionati e simpatizzanti che la amano, la onorano e la rispettano, oltre ogni più fervida immaginazione...del resto della combriccola.
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