E' una specie di intervista doppia, è il racconto di due vite che si sono incrociate e sono rimaste legate. Ieri Mancini ha incontrato la Sampdoria, ha perso la sfida che poteva rilanciare la sua Inter, ma l'accoglienza a Marassi è stata incredibile. Gabriella Greison, su Il Fatto Quotidiano, ha dedicato due pagine al tecnico nerazzurro e al suo ex compagno di squadra e amico, Gianluca Vialli. I due sono stati intervistati dalla giornalista ed ecco cosa hanno detto:
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Mancini e Vialli si raccontano. Il tecnico: “Cito Boskov. Su un campo di calcio…”
E’ una specie di intervista doppia, è il racconto di due vite che si sono incrociate e sono rimaste legate. Ieri Mancini ha incontrato la Sampdoria, ha perso la sfida che poteva rilanciare la sua Inter, ma l’accoglienza a Marassi è...
VIALLI - “Ci piaceva tanto stare insieme, eravamo come in trincea: io coprivo le spalle a lui, e lui a me. Ci sentivamo al sicuro, condividevamo tutto, ogni più piccolo segreto. Ancora oggi custodisco quei pezzetti di storia con grande gelosia. Dormire uno di fianco all'altro per quasi dieci anni, e negli anni più belli della tua vita, crea qualcosa di indissolubile. È stato poi lui a voler andare in una stanza da solo... diceva che russavo la notte... bah, mi sa che non era vero! Invece, era lui che si svegliava perché voleva farsi da mangiare di notte!”.
MANCIO - ("Dovete immaginare la voce di Roberto Mancini quando risponde alla provocazione, il tono è basso, fermo,vuole tenere il punto, anche se si sente che sta sorridendo", è la nota dell'autrice del pezzo) "Russava, eccome! E noi lo registravamo pure, per poi farlo sentire a tutti il giorno dopo, e riderne. Ma era permaloso, non diteglielo. Certo che poi, una volta che mi svegliavo, restavo sveglio. Quindi, è logico che mi veniva fame”.
VIALLI - "Si svegliava e si faceva i toast... Ancora ricordo l'odore in piena notte di prosciutto e mozzarella. Ma siccome Roberto aveva un fisico che tendeva ad ingrassare, allora poi se la prendeva con me”.
MANCIO - "No, no, non è vero: lui la mattina, siccome Boskov ci pesava tutti prima dell'allenamento, per perdere qualche chilo si chiudeva in bagno per un sacco di tempo... prendeva la purga, capito? Era uno precisino, ci teneva alla linea, curava l'alimentazione. Eravamo molto diversi in questo. Ma proprio queste differenze ci hanno unito, ci hanno reso inscalfibili. Nessuno riusciva ad entrare nel nostro mondo, eravamo l'unione che fa la forza, una cosa da brividi. Ricordo con trasporto, con emozione quegli anni. Era un periodo speciale, per il calcio. Tutto doveva ancora avvenire,e noi eravamo ventenni, veloci con la testa e con i piedi. Vivevamo a Genova, una città che ti permette di fare tutto quello che vuoi a misurad'uomo, proprio come le marcature di Boskov”.
VIALLI - “Vivevamo tra Quinto e Nervi, e gli allenamenti erano a Bogliasco: ci muovevamo anche con i mezzi pubblici, o il treno. Il ristorante a tre minuti da casa, il campo a cinque, era tutto vicino, e a quei tempi il nostro gruppo non pensava al successo o alla fama, eravamo io, Roberto, Pagliuca , Mannini, Lombardo , e tutti gli altri, tutti fratelli, con le nostre paure e le nostre sicurezze, che gli altri compensavano”.
MANCINI - “Oggi non si vedono storie così, perché sono cambiate le condizioni: ma non penso che non possano ritornare.Il calcio è come la moda, il calcio è ciclico. Io sono il primo a rifare quello che mi ha insegnato Boskov, cerco di chiudere il cerchio. Molte volte in allenamento, ai miei ragazzi, cito le sue frasi. Sento che trasmetto qualcosa di più grande in questa maniera. Le mie frasi preferite, e che ripeto sono: meglio perdere 4 a 0, che 4 volte 1 a 0. Oppure: i giocatorivincono, gli allenatori perdono. Oppure: un grande giocatore vede autostrade che per altre sono sentieri. Poi, beh, certo, ainostri tempi c'era il presidente Mantovani che faceva tutto il resto... parliamo di un uomo che viene da un altro pianeta, cheha puntato tutto sull'unione del gruppo, per radicare legami, per saldare i caratteri dei suoi ragazzi”.
MANCINI - “Spartisci un'identità che ti sembra estranea. Ma alla fine la riconosci, come l'ologramma di te stesso”.
VIALLI: “Non giocavamo su debolezze e fragilità, non giocavamo per fare male. Giovavamo ed eravamo noi stessi. Solo una volta non ci siamo parlati per una settimana, perché lui aveva esagerato. Ma il primo passo per riappacificarci l'ho fatto io, perché ci soffrivo”.
MANCINI: “Sono stato io a riappacificarmi con lui, perché lui era troppo orgoglioso per farlo”.
VIALLI: “Io miglioravo lui, lui migliorava me. Lui più avanti, io più indietro. Ci compensavamo, ci completavamo.Ormai è letteratura pura”.
Mancini: "Io più coraggioso, lui più calcolatore. E a carte giocavo meglio io...”.
VIALLI - “Ero più bravo io a carte. A volte penso di aver vissuto qualcosa di unico, di straordinario in questo ambiente, sono stato fortunato. Tutte le maglie di calcio hanno colori che se ti sposti in un altro paese al mondo, le ritrovi sotto altre tonalità, o sotto altre sfumature. Il blucerchiato invece è proprio solo lì, e solo quello”.
MANCINI: "Su un campo di calcio se ti danno una pacca sulla spalla non è certo per amicizia, in quella Sampdoriainvece succedeva”.
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