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«Lavoro 18 ore al giorno per la conquista di questo obiettivo: in un paio d'anni il Manchester City deve vincere, come tutti i club dove sono andato». Parola di Roberto Mancini, che in un'intervista a Chi nel numero in edicola domani, racconta la sua esperienza di allenatore in Inghilterra e i suoi traguardi. «Ora penso al City, starò qui tanti anni, ma un giorno mi piacerebbe rientrare in Italia per la panchina della Nazionale, non lo nego».
L'impatto con la nuova realtà calcistica è stato positivo. «Vivere in Inghilterra è affascinante, scopro ogni giorno un mondo nuovo», racconta il tecnico di Jesi. «Porterei in Italia il dopopartita della Premier. Gli allenatori, qui, si ritrovano in un salotto, a bere un bicchiere di vino e a parlare di calcio, mentre i giocatori si riuniscono con le famiglie e mangiano tutti insieme. Non ci sono rancori, il fischio dell'arbitro chiude ogni lite e ogni rivalità».
Della pattuglia di allenatori italiani in Inghilterra dice: «Quando sono arrivato a Manchester, mi hanno chiamato Gianfranco Zola e Carlo Ancelotti, ma non Fabio Capello». Infine un pensiero all'Inter: «Sono orgoglioso di avere aperto un ciclo importante e sono orgoglioso dell'amicizia di Moratti».
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