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Piena consapevolezza della forza dell'Inter, rispetto per i campioni d'Europa ma nessun timore reverenziale. E, soprattutto, la voglia di crescere ancora, dopo i buoni risultati ottenuti in Olanda e nelle competizioni europee assaggiate solo tre anni fa. È un Twente sereno quello che attende l'Inter al debutto in Champions League: sereno come il suo allenatore, Michel Preud'homme portiere-leggenda del Belgio negli anni Ottanta e Novanta.
«L'Inter - ha osservato nella conferenza stampa della vigilia - è una squadra molto forte con un grande peso offensivo». Davanti, talvolta, «cambiano gli interpreti» ma lo spartito resta il medesimo. «Le ali spingono, la difesa sale ed è difficile trovare un varco per riuscire a colpirla - ha aggiunto -. Ad ogni modo cercheremo di organizzarci per metterla in difficoltà». Possibilmente senza snaturare la vocazione offensiva del Twente, fresco campione d'Olanda, e senza intestardirsi sull'idolo degli Orange, Sneijder, al ritorno in campo a latitudini più che familiari. «Non penso che la partita sia neutralizzare Sneijder - ha spiegato il mister belga - l'Inter ha molti giocatori forti e non ci focalizzeremo solo su di lui». Quanto alla chiara vocazione all'attacco della sua squadra, potenzialmente rischiosa contro un avversario del calibro dell'Inter, Preud'homme preferisce porre l'accento su organizzazione e bilanciamento.
«Cercheremo di sfruttare le nostre qualità - ha puntualizzato -. Non siamo solo offensivi e abbiamo una buona organizzazione di gioco. Cerchiamo di avere equilibrio» ossia di svolgere bene la fase offensiva e quella difensiva, e «credo che la mia squadra possegga questo equilibrio: lo ha mostrato in campionato, speriamo che lo mostri anche in Champions League». Attento osservatore del calcio italiano,
Preud'homme - che ha confessato di essere stato nel mirino, come giocatore, di Torino, Brescia e Milan - non manca di rivolgere un pensiero a Benitez, arrivato come lui in una squadra vincitrice del campionato, e nega che l'Inter, senza Mourinho, possa fare un pò meno paura. «Conosco bene Mourinho per averlo incrociato in Portogallo - ha argomentato - ma Benitez ha le sue armi e il suo potenziale: non si arriva su quella panchina per caso, ma solo con il lavoro. Entrambi - ha chiosato - arriviamo in una squadra che ha vinto il titolo, si deve avere rispetto per la tradizione e la cultura del club» e, al contempo, porre «un proprio accento, qualcosa in più». Magari per vincere ancora.
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