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Seduto in cattedra a parlare di comunicazione nello sport: questo il destino di Andrea Ranocchia per la giornata di ieri, martedì 25 marzo, quando il giovane difensore dell'Inter e della Nazionale ha tenuto una lezione all’Università Cattolicadel Sacro Cuore di Milano per i ragazzi iscritti al master in "Media Relation e comunicazione d’impresa". Il centrale italiano, come riporta il sito dell’ateneo, si è trovato molto a suo agio nelle vesti di docente, e ha raccontato agli studenti la comunicazione sportiva vista dall'interno.
Ranocchia ha spiegato le differenze di trattamento da parte della stampa riscontrate in prima persona nel suo percorso calcistico: la gavetta al Perugia, poi l'Arezzo, dove a seguirlo erano un pugno di giornalisti locali “che sapevano a malapena le regole del calcio”, fino al cambio di mentalità dopo essere arrivato al Bari: “Al Sud c'è una mentalità diversa, è gente che vive per il calcio. In una grande squadra come il club del capoluogo pugliese, pur essendo in serie B eravamo molto seguiti dai media. Quando vincemmo il campionato non ci fecero letteralmente respirare”. Dopo essere passato per il Genoa, poi, quando è arrivato all'Inter - “una delle dieci squadre più importanti a livello mondiale” - la comunicazione è diventata quasi un secondo lavoro: bisogna stare molto attenti a quello che si dice.
La comunicazione che esce all'esterno nasce sempre dalla comunicazione “interna” alla squadra: “Noi giocatori dobbiamo sempre dare un'immagine positiva: ogni volta che parliamo o che semplicemente appariamo in pubblico siamo portatori dei valori della nostra squadra; inoltre dobbiamo anche ricordarci sempre che i giovani ci guardano e ci prendono come riferimento, e noi abbiamo il dovere di dar loro il buon esempio”.
Tante delle dichiarazioni dei giocatori che vengono riportate sui giornali spesso non corrispondono “esattamente” a quel che pensa in realtà il giocatore: “Certe cose, molto semplicemente, non possono essere dette". Un esempio di servizio inutile, secondo Ranocchia, sono le interviste ai giocatori dopo la fine del primo tempo: "Se ci fate caso sono tutte uguali, sempre: un po’ per superstizione, un po’ perché hai appena corso per tre quarti d'ora e hai il cuore a mille, le cose che riesci a dire sono sempre: “dobbiamo continuare così anche per i prossimi 45 minuti, nel secondo tempo non dobbiamo avere cali di attenzione e dare il massimo” e altre cose simili”.
Il momento più delicato nel rapporto tra calciatore e stampa è naturalmente l'intervista a caldo dopo aver perso una partita: solitamente viene scelto per l'intervista un giocatore che ha giocato bene, e comunque un giocatore esperto. Andrea Ranocchia - che domenica scorsa è stato l'unico interista a parlare ai microfoni dopo la sconfitta contro l'Atalanta - dice che “parlare dopo una sconfitta non è mai facile: anche se è andata malissimo bisogna comunque trovare ed evidenziare l'aspetto positivo. A volte sembra che i giornalisti non aspettino altro che fare a pezzi i calciatori”.
Alla fine della lezione, il “professor” Ranocchia si è dimostrato molto disponibile per foto e autografi di rito con i ragazzi presenti. In conclusione, ha rilasciato anche una videointervista riportata dal sito dell’università e a cura di Francesco Rigoni. Eccovi il contenuto:
Che rapporto hai con i social network?"E' un rapporto che è iniziato due settimane fa. Un rapporto per adesso buono, spero di continuare su questa squadra perché vuol dire che sto facendo bene e che comunque stanno arrivando tanti elogi da parte dei tifosi".
Il rapporto con la carta stampata? Pagelle ecc.? "Quando ero piccolo le leggevo un po’ di più, ora un po’ meno perché mi concentro molto di più su quello che faccio in campo piuttosto che di quello che scrivono di me sui giornali".
Idee per quando smetterai di giocare? "No, per ora no, ho qualche progetto (ride), ma nulla di concreto, spero di poter giocare ancora tanti anni, poi ci penseremo dopo".
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