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Dejan Stankovic si racconta dalla pagine di un libro, autobiografico, dal titolo "Fortissimamente io" edito da Mondadori. Prima la presentazione a Inter Channel, poi la presentazione-intervista alla trasmissione di Rai2, "Quelli che il calcio e..." in cui tocca vari aspetti presenti e non nel libro.
Il testo ripercorre l'avventura calcistica del nerazzurro, dall'infanzia e il suo primo avvicinarsi al calcio, fino alla gioia dello scorso 22 maggio. Una vita dedicata al pallone, seguendo un personalissimo motto: "rispetto per tutti, paura di nessuno, è sempre stata questa la mia filosofia" come ha affermato lui stesso.
Parla della splendida esperienza in Champions nella scorsa stagione: "L'anno scorso è stato indimenticabile per me e i miei compagni, il massimo per un calciatore: ricordo i momenti prima della premiazione a Madrid, guardavo la Coppa e mi scendevano le lacrime".
E dalle sue parole emerge l'amore per il calcio e la sua voglia di fare bene, di non mollare mai, nonostante le parole poco piacevoli che, in passato, gli sono state rivolte: "Mi avevano detto che non avevo talento, che al massimo sarei potuto andare in una squadra piccola, frasi toste da sentirsi dire quando sei un ragazzino. Se non avessi avuto davvero voglia di calcio sarebbe finita lì, invece dopo poco giocavo nella Stella Rossa. Bisogna essere umili e non mollare".
Ovviamente non potevano mancare i riferimenti alla sua amata terra: 'La Serbia è sempre nel mio cuore, appena posso ci vado, un'ora e dieci minuti di volo e sono lì. Come Paese sta crescendo, ne sono orgoglioso'.
E' stato allenato da tanti tecnici, soprattutto durante l'avventura nerazzurra, e li ricorda tutti con affetto: "Se penso ad Eriksson mi viene in mente una parola, 'signore', così come se penso a Zoff dico 'leggenda'. Con Zaccheroni io ho fatto molto bene, sia alla Lazio che all'Inter. E Mancini per me è una specie di papà, lui era uno di quelli che mi ha voluto alla Lazio, gli devo tanto. Mourinho? È 'special one', è davvero 'special one': se sei stanco morto lui riesce ancora a motivarti, anche quando non giochi. E poi c'è Benitez, il mister: lui è un grande, ha tanta fame di vittoria, dobbiamo accettare i suoi modi di lavorare, siamo sulla buona strada, ci vuole solo un po' di tempo. E poi, per quanto riguarda la gara contro l'Udinese, quando non giochi bene comunque nel calcio l'importante è vincere, come ieri".
Deki ha anche parlato della sua duttilità in campo: "Alcune volte, quando ero nelle giovanili, ho fatto anche il portiere (sorride, ndr). In generale, in carriera, ho coperto molti ruoli e e per me è stata una fortuna".
Infine, uno sguardo agli obiettivi della nuova stagione: "Ci sono sempre obiettivi da raggiungere, il prossimo che abbiamo è il Mondiale per club, e poi puntiamo a tutti e tre i trofei a disposizione".
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