Il vice di Mancini, Sylvinho, ha parlato alla Gazzetta dello Sport. Starà a lui, insieme al tecnico nerazzurro, cercare di riportare l’Inter a vincere:
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Sylvinho: “I giocatori devono capire una cosa. Tecnico perfetto? Mix di 4”
Il vice di Mancini, Sylvinho, ha parlato alla Gazzetta dello Sport. Starà a lui, insieme al tecnico nerazzurro, cercare di riportare l’Inter a vincere: “Come si insegna a vincere? Non si insegna a diventare vincenti. Vincenti si nasce e...
“Come si insegna a vincere?Non si insegna a diventare vincenti. Vincenti si nasce e basta. Messi e Neymar, per esempio, lo erano già a 15-16 anni.
Com’è la situazione all’Inter? Qui c’è grande qualità umana e tecnica. Bisogna lavorare grado per grado e far capire ai giocatori che devono imparare a lavorare per stare sempre al massimo livello.
Ovvero?Pensare che si gioca sempre un match di Champions: quando giochi lì, un errore è gol. Ecco, questa squadra deve avere la mentalità votata a questo concetto: zero margini di errore.
Quanto ci vorrà a questa squadra per arrivare in Champions?Un anno, massimo due.
Bisogna essere ottimisti?Certo. Il giorno dopo il k.o. con la Samp, noi dello staff ci siamo presentati tutti con il sorriso sulle labbra. Siamo i punti di riferimento della squadra e non possono vederci abbattuti. Sono stato allenato da Wenger, Rijkaard, Guardiola.
Qual è il tecnico perfetto prendendo le qualità di ognuno?Dovrebbe essere un padre come Rijkaard; avere la cura maniacale nella preparazione delle partite di Guardiola, uno che se stava ore a studiare avversari e contromosse; l’intelligenza gestionale di Wenger; l’intensità dinamica di Mancini.
Cosa dovrebbe avere di me? Io credo nel comportamento del giocatore e amo intensità e qualità.
Quali parole si dicono ai giocatori nello spogliatoio nel pre partita?Non esiste la parola giusta. Io volevo essere lasciato tranquillo mentre Deco, al Barcellona, si avvicinava e mi parlava di tutto, mi chiedeva, la famiglia, la quotidianità. Io gli dicevo «Ehi, fra 3’ si va in campo!” e lui continuava, e un quarto d’ora dopo dava spettacolo davanti a 100 mila persone. Ho vissuto anche Edmundo: sbraitava, urlava, era il suo modo di sfogare la tensione. Poi in campo segnava sempre. Il modo perfetto non esiste quindi”
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