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Adani: “Mou mi piace, si è evoluto. Pioli? Nel suo lavoro non c’è un punto debole”

Matteo Pifferi

Nel corso di un'ampia intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, Daniele Adani ha parlato così di Roma-Milan

Nel corso di un'ampia intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, Daniele Adani ha parlato così di Roma-Milan:

«Mi aspetto una partita aperta. Due squadre che cercano sempre di giocare. Mourinho si è evoluto, in alcune partite ha rischiato di perdere pur di vincere. Il Milan è più completo nell’espressione calcistica, nella mentalità e nella varietà delle giocate. I due anni di Pioli sono da prendere ad esempio».

Mou quindi è molto meno “risultatista” di una volta?

«Il calcio è andato verso una direzione con più informazioni, i giocatori sono più completi. Non basta più l’ottima gestione o l’adattarsi alla qualità dei singoli, ci vuole un lavoro con varianti e idee. Mi piace Mourinho, perché è uno che non si nasconde».

Sta incidendo più lui nella ricostruzione della Roma o Pioli nella conferma del Milan?

«Per meriti e apertura mentale Pioli oggi è uno dei migliori tecnici italiani. Nel suo lavoro non c’è un punto debole: giovani diventati giocatori, l’entusiasmo ridato ai vecchi e alcune pedine come Kjaer rilanciate e diventate indispensabili. Hernandez lo ha portato ad un livello evoluto da farlo diventare importante in nazionale, Leao o Diaz sono due che quando non ci sono senti l’assenza, quando ci sono pesa la presenza».

Mkhitaryan fatica nel ruolo di trequartista e centrocampista.

«Nel 4-2-3-1 chiunque fa il trequartista deve saper essere anche centrocampista. Vale per lui e Zaniolo, ma anche per Diaz e Leao. Micki però non è solo tecnica, ha sempre avuto forza, gamba e potenza. La chiave è capire che tipo di rientri fare: se li fa fino all’area di rigore fatica, se fa dei rientri stretti, creando un centrocampo a tre, resta lucido. Sta girando basso, deve alzare il livello».

I due mediani della Roma che cosa devono fare per contenere i movimenti tra le linee dei trequartisti rossoneri?

«La Roma ha bisogno del lavoro di Pellegrini sulla prima costruzione, tra i centrali del Milan e il mediano. Deve far tardare quella giocata per dare la possibilità ai due esterni di stringere il campo e ricompattare la linea con Cristante e Veretout. Ma la Roma, che fa una fase difensiva attiva e non passiva, dovrà stare anche attenta alla palla sopra l’ultima linea. Ibrahimovic non è uno che attacca la profondità, ma sa tirare fuori i centrali e gente come Leao o Saelemaekers sanno andare».

Quindi è giusto giocarla con Ibra e non con Giroud?

«Tutti e due non attaccano la profondità per età e attitudine, ma i tempi di gioco di Ibra e la sua classe a mandare gli altri Giroud non ce l’ha. Il Milan poi costruisce tanto anche con i terzini che entrano dentro il campo».

Già, i terzini. Se quelli del Milan vanno dentro, quelli della Roma giocano più larghi...

«È vero. La Roma sugli esterni lavora molto sui binari: Micki ed Elsha da una parte e Zaniolo dall’altra giocano con il piede invertito. Gli esterni del Milan entrano, palleggiano e ti fanno superiorità numerica, quelli della Roma cercano più l’ampiezza».

Zaniolo-Hernandez: chi dovrà preoccuparsi più di chi?

«Si equivalgono, sprigionano tecnica in velocità. Zaniolo dovrà far preoccupare Theo, uno che non si stanca di attaccarti. Dovrà essere bravo a farlo correre all’indietro e attaccarlo nel lungo o dentro, sul piede destro, per chiamare fuori Tomori e creare la superiorità numerica. Se Zaniolo crea dei dubbi nelle letture di Theo e Tomori lì la Roma può essere pericolosa».

Abraham invece soffre un po’ quando gli spazi si riducono.

«Deve migliorare nello smarcamento, scaricare meglio la marcatura con i contromovimenti, le finte o il controllo orientato. Gli ho visto fare giocate bellissime, se riesce a prendere quel mezzo secondo in più al difensore poi ha tecnica e fisico per far bene».

Come la Roma può mettere in difficoltà il Milan e viceversa.

«La Roma dovrà lavorare bene sulle catene esterne: accompagnare, far correre all’indietro gli esterni, Leao e Saelemaekers, creando dubbi ai terzini. E non può prescindere dall’entusiasmo calcistico di Pellegrini. Il Milan invece deve essere se stesso. E non uscire dalla partita come invece gli succede di recente. Gli uomini decisivi? Pellegrini, ma se giocherà anche Mkhitaryan che deve finalmente uscire dallo spartito e decidere, per bravura ed esperienza. Nel Milan quando c’è Ibra tutto passa da lui ma mi piace Leao: gioca libero di testa ed è sempre più coinvolto, felice anche di dare una mano».