LEGGI ANCHE
Ha un solo nome da spendere per dire chi è il più bravo di tutti, su chi punta?
«Quello lì che non so pronunciare...».
Facile intuirlo: Kvaratskhelia.
«Esatto. Il migliore. Per talento, per vivacità, per rapidità di pensiero, per quella energia che ti dà ogni volta che salta un avversario. È allegria».
Un altro che l’attira per senso tattico e intelligenza.
«Lobotka mi ha impressionato, forse perché occupa la zona del campo che era mia. Ma stupisce la personalità con cui gioca, la naturalezza con la quale trova le soluzioni anche più difficili. Eppure, piccolo com’è, sa riempire il campo».
Ha puntato su tre calciatori del Napoli.
«Ce ne sono anche all’Inter, volendo potremmo parlare di Çalhanoglu o di Lautaro Martinez, di Barella o di chi altro volete. E pure nel Napoli si può anche allargare il concetto ad altri, per esempio a Lukaku».
Deciso, quindi, che per il titolo sarà un affare a due?
«Più o meno sì. Sulla Juventus ci potrà dire il campo, perché perdere Bremer nel pieno d’un progetto nuovo è un handicap notevole. Thiago Motta sta dimostrando di avere coraggio ma senza un centrale difensivo di quello spessore la squadra rischia di avere qualche certezza in meno. È questo il dubbio che non può essere risolto, non adesso: ma basteranno poche gare per capire se qualcosa è cambiato».
Non dimenticheremo l’Atalanta.
«Impossibile. Il trionfo a maggio in Europa League ha riempito la storia. È stato bello il modo, l’autorevolezza, quel calcio che sa di Gasperini, un maestro. È di un allenatore come lui che avrebbe bisogno il mio povero Brasile».
© RIPRODUZIONE RISERVATA