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Garlando: “Allegri, che lezione dal vice di Pirlo. Cuadrado? Ieri si arbitrava da solo”

Matteo Pifferi

Sulle colonne de La Gazzetta dello Sport, Luigi Garlando ha commentato così la sconfitta di Verona della Juventus

Sulle colonne de La Gazzetta dello Sport, Luigi Garlando ha commentato così la sconfitta di Verona della Juventus:

"L’ex secondo di Pirlo, Tudor, ha dato una lezione ad Allegri, sul campo della prima partita di CR7 in Serie A. Oggi la sua Juve (15 punti) può essere doppiata da Napoli e Milan (28) e ritrovarsi a 7 punti dalla Champions. Può scivolare al decimo posto. Quattro sconfitte su 11 partite, tre delle quali con Empoli, Sassuolo e Verona, non esattamente Real, Bayern e Liverpool. Era dal ’61-62 che la Juve non subiva 15 gol in 11 gare. Era dal millennio scorso (1998-99) che i gol fatti dalla Juve non superavano quelli subiti (15-15). Per molto meno a Pirlo chiedevano se avesse intenzione di dimettersi; Pirlo che un anno fa era imbattuto con 8 punti in più. Dopo averci spiegato che il calcio non è il circo, ieri Max ci ha spiegato che non è neppure il fioretto, ma sport di contatto e di lotta. E si è dilungato sui contrasti molli e sulla mancanza di grinta".

"La Juve ha perso perché non ha saputo pareggiare la qualità di gioco del Verona. Altro che falli, fioretti e bastoni… L’ottimo Hellas aveva linee di gioco limpide e riconoscibili che lo portavano dall’ispirato Caprari e dall’indemoniato Simeone, autore di una splendida doppietta. Se il Cholito ha già segnato 8 gol, è proprio perché inserito alla perfezione in una macchina da gioco. A differenza di Morata che sembra un corpo estraneo all’organismo, una porcellana appoggiata sul comò. E quando perdeva palla, il Verona partiva al recupero alto con un pressing sapientemente organizzato che teneva la Juve in scatola. Al contrario, l’unico schema della Juve era la ricerca di Dybala nella speranza che ci pensasse lui. Come un tempo CR7. E quando perdeva palla, si ritirava come una marea, perché sa difendersi solo così: abbassando e stringendo le linee, come fatto felicemente contro il Chelsea, al prezzo di una ferocia e di una concentrazione difficilmente replicabili in 38 giornate di campionato".

"La Juve non sa pressare di squadra come oggi fanno quasi tutti. Non lo abbiamo scoperto al Bentegodi, ma Verona lo ha certificato: la Juve improvvisa, sia con la palla sia senza; si fatica a riconoscere il lavoro di Allegri. Questo è l’aspetto più grave della crisi, più della classifica: la mancanza di identità, le poche certezze di idee e di uomini. I Rabiot e i McKennie entrano ed escono come se si procedesse a tentoni. Ma finché si penserà che il problema sono falli e grinta, la Juve non ne verrà fuori. I giocatori hanno colpe, certo. Per dire, Cuadrado ieri si arbitrava da solo, si fermava convinto del fallo anche se l’arbitro non fischiava".

"Ma il primo a cambiare atteggiamento dev’essere il mister. Tudor, a caldo, spiegava: «Dovevamo attaccare di più sul 2-0». Altro che corto muso. Questo è un atteggiamento da grande. Se la Juve ha sfiorato il pari nel finale, non è perché ci ha messo più grinta, ma perché l’Hellas era stremato e non aveva i cambi di Allegri. Con la rosa che ha a disposizione, la più attrezzata del torneo, Max dovrebbe dominare Sassuolo e Verona. Ma servono gioco e coraggio. Questa è la sola via d’uscita dalla crisi, perché negli anni in cui Allegri è rimasto fermo, il calcio è andato avanti, nella direzione di Tudor. Il sospetto è che Max sia rimasto al cappotto scagliato in panchina".