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le rivali
Se avere un allenatore sulla panchina fosse superfluo qualche presidente avrebbe già esibito al suo posto una bella sagoma (seguendo l'idea di riempire gli stadi con tifosi di cartone). La verità sta sempre un pò nel mezzo, mai troppo a destra o troppo a sinistra. Quindi se è certamente ragionevole ciò che aveva dichiarato Rafa e cioè che le vittorie di una squadra sono frutto dell'impegno e della bravura dei giocatori, è altrettanto ragionevole pensare che la squadra si affidi ad una guida. Finchè le cose filano lisce, finchè l'intesa tra i giocatori è brillante non c'è obiettivamente bisogno di troppi interventi. Il problema sorge quando le cose vanno male. Quando, come ieri sera all'Olimpico, il ritmo era basso e la tensione solo futile nervosismo. Prendere un gol nei minuti di recupero è sempre una grossa sfortuna. Ma la sfortuna va dove trova terreno fertile. Disattenzione, leggerezza e poca concentrazione. Aggiungerei mancanza di aggressività e di cattiveria. In conferenza stampa Rafa aveva sminuito l'attesa intorno alla sfida con la Roma (giusto, questa frenesia intorno alla partita è sempre stata più romana che interista) dicendo: noi a Roma per giocare una partita di calcio. Sante parole, se non che le partite non sono mai semplici partite e basta. Hanno uno storico, vivono sul filo di tensioni sfumate, sono capaci di accendersi e diventare una vera e propria guerra. E' vero invece che vince chi segna di più. Ma in alcuni casi (ieri era uno di quelli) cercare di segnare non è sufficiente. Bisogna trasformare la rabbia e metterla in campo. Scuotersi. Cambiare profilo. Aggredire. Tutto questo, se in campo manca, lo deve creare l'allenatore. Perchè ogni partita di calcio è anche questo: una battaglia, se non da vincere, almeno da combattere.
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