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"Sull’andamento negativo dell’esercizio pesa certamente l’esclusione dalle coppe ma si tratta di una settantina, forse ottantina, di milioni che non bastano a spiegare un risultato così negativo. La zavorra della Juve risiede in un’impalcatura di costi sproporzionata, eretta negli anni in cui il management e la proprietà avevano smarrito ogni senso del valore. Ingaggi folli come quello di Vlahovic, ancora a bilancio, ne sono l’esempio più rimarchevole: basti pensare che la Juve cerca di venderlo da due anni ma lo stipendio dissuade qualsiasi estimatore. Senza contare il costo di acquisizione: oltre 90 milioni tra cartellino e commissioni agli agenti, che la Juve non avrebbe dovuto sostenere perché incompatibile (già allora) con il suo conto economico".
"Dalle informazioni preliminari diffuse da Exor, si desume che i ricavi sono scesi a circa 420 milioni (-88 rispetto all’anno precedente) ma i costi si sono dimostrati renitenti alla riduzione. Sei mesi fa il nuovo management aveva elaborato un piano che prevedeva il ritorno al pareggio nel 2025-2026: obiettivo ora decisamente lontano, anche perché nel frattempo il mercato estivo ha imboccato una strada assai diversa. Un mercato dispendioso, in cui sono state operate riduzioni di stipendio a fronte però di nuovi carichi di ammortamenti: ad esempio, Douglas Luiz peserà 10 milioni per i prossimi cinque anni, Koopmeiners 12. Intanto manca ancora il main sponsor e dall’Uefa arriveranno sanzioni economiche per il mancato rispetto del settlement agreement. Il messaggio è che in Italia si può beatamente competere con livelli di costi enormemente superiore ai concorrenti, nell’assenza di regole che vietino il ricorso sfrenato al capitale degli azionisti, a copertura di perdite: nella Premier, da molti tanto invocata, questo non succede".
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