Lunga intervista concessa da Claudio Marchisio a La Gazzetta dello Sport: l'ex Juventus ha parlato così del flop dei bianconeri.
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Marchisio: “Dov’è finito il DNA Juve? Sembra l’anno di Delneri: Allegri…”
Lunga intervista concessa da Claudio Marchisio a La Gazzetta dello Sport: l'ex Juventus ha parlato così del flop dei bianconeri
«La Juventus è stata la storia della mia vita, lo Zenit, dove ho giocato negli ultimi anni prima del ritiro, mi ha fatto vedere Claudio fuori dall’Italia».
Com’è stato giocare in Russia?
«Una bellissima esperienza, perché pur essendo un campionato europeo è molto più simile a una Mls, con trasferte lunghissime».
Che partita s’aspetta questa sera?
«Molto diversa da quella dell’andata, perché lo Zenit è in crescita e arriva da due vittorie importanti che le hanno permesso di mettersi in sicurezza in campionato. All’andata contro la Juve non ha fatto granché, limitandosi a difesa e contropiede, un po’ come i bianconeri con il Chelsea, stavolta mi aspetto Azmoun titolare al posto Dzyuba e un atteggiamento molto più spavaldo. Si giocheranno l’all in per cercare di raggiungere il secondo posto: non sarà una partita facile per la Juventus».
Juventus che invece arriva da due sconfitte in campionato: che cosa sta succedendo alla squadra di Allegri?
«Dopo la brutta partenza aveva trovato un minimo di equilibrio ma non una vera identità: quasi ogni partita vediamo una formazione diversa, significa che Allegri non ha ancora trovato il suo undici. Lo step successivo doveva essere il gioco, che però non è arrivato. Max stesso dopo lo Zenit ha detto che non vedeva ancora la sua Juve. Si capiva che non fosse soddisfatto nonostante il filotto di vittorie. Forse questo è davvero l’anno zero, che servirà a capire dove può arrivare questa Juve».
Il quarto posto è a rischio, come pensano molti tifosi?
«La classifica al momento dice che la Juventus è fuori dalle Coppe e un club così importante non può permetterselo. La situazione è complicata, ci vorrebbe tempo che però non c’è, perché a novembre la squadra doveva essere più avanti, bisogna recuperare se stessi e la voglia di vincere. Allegri ha l’esperienza per sistemare le cose, idem i giocatori che sono persone responsabili oltre che capaci. Sento dire spesso che la rosa bianconera è scarsa, ma non è affatto così. Ci sono campioni europei e altri che giocano in nazionali importanti. In tanti possono dare la scossa».
Allora qual è il problema?
«La Juve ha cambiato tanto negli ultimi anni e ha perso il suo dna, che significa lottare su ogni pallone, non arrendersi mai. Non ricordo tante Juve del passato che giocassero bene, ma erano tutte schiacciasassi».
Vede analogie tra questa Juve e quella, di cui lei faceva parte, che rimontò nel 2015-16?
«Non molte. Venivamo da una stagione sfibrante, in cui eravamo arrivati in finale di Champions, in estate avevamo perso Pirlo e Vidal e abbiamo iniziato con tutto il centrocampo infortunato e Padoin regista. Semmai vedo più punti in comune con la Juve di Delneri che arrivò settima e questo deve essere un campanello d’allarme. Ricordo che dopo ogni passo falso ci dicevamo “vabbé ma tanto piano piano recuperiamo”. Eravamo convinti di arrivare in Champions e invece siamo andati avanti tra alti e bassi. Quando entri in una spirale negativa non è così facile tirarsene fuori, anche la fortuna ti gira le spalle».
Eppure la Juve di Champions sembra un’altra squadra: tre vittorie su tre e qualificazione quasi al sicuro. E’ davvero solo questione di stimoli?
«Di sicuro la Coppa può portare più motivazioni e più responsabilità, però con il Malmoe c’era una superiorità netta e contro lo Zenit la Juve non è stata entusiasmante. La partita col Verona ha dimostrato che la Juve soffre il ritmo delle altre squadre e questa è una cosa su cui Allegri dovrà lavorare anche in chiave europea. Sabato Dybala è stato l’unico che è riuscito a creare qualcosa, ma un solo giocatore non può cambiare una squadra, lo abbiamo già sperimentato con Cristiano Ronaldo. Si parla tanto del centrocampo, ma i problemi della Juventus per me sono più in attacco che in mezzo. In tre anni la squadra ha cambiato tre allenatori, anche questo disorienta. Guardate il Milan di Pioli: ha ricostruito, ha faticato ma ha lavorato per trovare la sua identità. Non ha una rosa più forte di quella della Juventus, però sa imporre il proprio gioco».
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