Il Qarabag porta in campo una storia di esilio e guerra, la squadra rappresenta la città fantasma di Agdam, la «Bianca Casa» teatro di una delle più violente battaglie del conflitto del Nagorno-Karabakh. Era il luglio 1993, la guerra andava avanti da oltre un anno, le forze di Baku tentavano di riprendere la regione a maggioranza armena che aveva proclamato l’indipendenza unilaterale dall’Azerbaigian pochi mesi dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Nella follia delle armi il calcio era un fascio di luce per la popolazione e alla squadra fu proibito lasciare gli allenamenti per unirsi all’esercito. Il coach Allahverdi Bagirov ignorò il divieto, fu ucciso da una mina anticarro a 46 anni e dichiarato eroe nazionale. Sessantamila sfollati, la città rasa al suolo, distrutto lo stadio Imarat. I combattimenti tra armeni e azeri terminarono nel 1994 ma da allora il conflitto resta congelato, la Repubblica non è riconosciuta dalla comunità internazionale e il confine è militarizzato. Agdam oggi è un deserto della memoria, pochi edifici rimasti in piedi e abbandonati, come la grande moschea ottocentesca. È così che il Futbol Klubu Qarabag Agdam è diventato «il club dei rifugiati azeri», i «Cavalieri» in maglia bianconera con il mitico cavallo Karabakh nello stemma, la sede trasferita prima a Baku e poi a Quzanli. Una squadra che gioca di rabbia e d’orgoglio. La società azera con più successi in campo europeo, l’unica qualificata alla fase a gironi di Europa League. Dal 2008 alla guida c’è Gurban Gurbanov, che si è inventato la versione caucasica del tiki-taka puntando sui talenti locali con innesti come il brasiliano Reynaldo.
le rivali
Qarabag, la squadra dei cavalieri con il Guardiola caucasico
Il Qarabag porta in campo una storia di esilio e guerra, la squadra rappresenta la città fantasma di Agdam, la «Bianca Casa» teatro di una delle più violente battaglie del conflitto del Nagorno-Karabakh. Era il luglio 1993, la guerra...
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