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Sconcerti: “Pirlo è la cosa migliore della Juventus: il suo è un calcio nuovo”

Sulle colonne del Corriere della Sera, Mario Sconcerti ha commentato così il flop europeo della Juventus

Matteo Pifferi

Intervenuto sulle colonne del Corriere della Sera, Mario Sconcerti ha parlato così del flop in Champions League della Juventus:

"Si fa la storia troppo semplice dando la colpa a Pirlo. Non ha avuto una grande squadra. Anche la Juve si è trovata davanti i limiti posti da una pandemia a tempo indeterminato che le ha già fatto perdere un quarto del fatturato. Investire diversamente era impossibile, si è inventata un mercato di idee sostituendo le uscite secche degli acquisti con architetture di prestiti che allungavano le rate. Amare il calcio credo debba significare anche capirlo. Questo è un calcio fragile, non può essere giudicato con i metri di sempre. Anche il tifoso non ha i soliti diritti. Il tifo nasce per identità cittadina, si trasforma dopo in desiderio di vincere. Ma la base resta il senso di appartenenza a una comunità. Se volessi vincere non tiferei Fiorentina, tiferei altre squadre. Tifare una squadra non è un privilegio, possono tutti scegliere, non ci sono tasse da pagare o esami da superare. È un premio che ci diamo da soli. Quindi siamo tutti uguali perché tutti padroni di noi stessi. Questo è il momento di accettare. Ma anche dentro alla complessità, la cosa migliore della Juve a me è sembrata proprio Pirlo. Le circostanze hanno limitato le scelte della società, Pirlo ha tentato di rovesciare il problema inventandosi una serie di soluzioni quasi senza precedenti. Allegri ha giocato due finali di Champions una volta arrivandoci con uno dei migliori centrocampo del decennio (Marchisio-Pirlo-Vidal-Pogba) e l’altra con l’idea di Manduzukic esterno per sostenere i tanti aspiranti numeri dieci irrisolti (Dybala, Dani Alves, Pjanic, Cuadrado). Ma aveva grandi giocatori, sicuri, affermati, tra cui Khedira che è stato la vera differenza della Juve nei suoi anni. Sarri aveva una buona Juve ma sazia e stanca di sé e di lui".

Juve incompleta

"A Pirlo è stata data una squadra incompleta e sbagliata. Senza il tempo di provarla, sempre sola davanti al risultato. Ma Arthur è un buon regista molto simile a Pjanic, tocca cinque volte il pallone prima di darlo (bene) a un avversario (spesso) coperto. Kulusevski non è un’ala, non c’entra niente. Meno spazio gli dai e più lo limiti. È un vento forte, ha bisogno di corridoi grandi. Bernardeschi è un esteta, Rabiot è un silenzioso, solitario assaltatore, raramente squadra. La difesa non c’è più, ma Pirlo ha inventato Danilo centrale e perfino Alex Sandro stopper di sinistra. Ha provato tre difensori più Cuadrado, poi Bentancur più Rabiot, poi una terza linea con Ramsey e Chiesa, infine la linea dei due attaccanti. Cioè 3+1+2+2+2: questo è calcio nuovo, con spazi diversi, a fisarmonica, forse da correggere, ma è nuovo. Quando ha scelto i tre centrocampisti per togliere Chiesa dalla sovrapposizione con Ronaldo (ed è stato il momento in cui Chiesa è esploso) si è accorto che non aveva più riserve nel mezzo, i titolari erano già tutti in campo. Questo è stato il primo dei grandi vuoti della squadra. Poi la terza punta, Kulusevski costretto centravanti, Ronaldo e Morata senza una riserva. Questi sono limiti di nascita non portati dall’allenatore. Pirlo ci ha lottato contro e trovato idee per chiudere i danni. Ha fatto perfino esordire quattro ragazzi: quando mai era capitata una necessità del genere? La vera domanda su Pirlo non è tecnica, è di carattere. Pirlo è un silenzioso, tende a non mettersi nel mondo degli altri. I suoi amici ex calciatori mi dicono che nel privato sia simpatico e di parola fresca, ma insegnare agli altri comporta una stima degli altri che forse Pirlo non ha. Viene da un altro mondo. Mi ricorda Paul Dirac il più grande fisico-matematico del secolo scorso, un numero dieci sulla linea di Einstein: una volta uno studente alzò la mano e disse di non aver capito, ma lui continuò a spiegare. Lo studente disse che non aveva avuto risposta. Dirac rispose che la sua non era stata una domanda. E proseguì".

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